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Crisi dell'industria, Osnato (Fdi): «Paghiamo il Green deal e le spinte ideologiche della Ue»

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«Stiamo pagando principalmente gli effetti delle scelte operate dall'Europa. La quale per portare avanti un Green deal più ideologico che pragmatico, ha finito per affondare uno dei principali settori portanti come l'auto. Ma il ragionamento si può estendere anche alla siderurgia o alla logistica». Marco Osnato, presidente della commissione Finanze della Camera e responsabile economico di Fratelli d'Italia, parte da qui per spiegare la forte frenata - per il 23esimo mese - della produzione industriale: -7,3 per cento a livello mensile e -3,5 annuo.

Si sta entrando in una crisi industriale senza precedenti?

«Siamo pragmatici. Nessuno della maggioranza ha mai nascosto la crisi in atto, ma l'Italia resta la seconda manifattura d'Europa e il quarto Paese esportatore al mondo. E, come ha ricordato il governatore della banca d'Italia, Fabio Panetta, abbiamo una bilancia commerciale in attivo che ci permette di essere discretamente tranquilli rispetto alla tenuta del nostro sistema».

Calenda: «Energia e transizione digitale un piano per rilanciare il Paese»

La frenata, però, c'è?

«E nessuno lo smentisce. Ma sullo stesso fronte, la produzione industriale, la Germania ha toccato i minimi dal 2020. E noi siamo intrinsecamente legati al sistema tedesco, viste le nostre esportazioni siamo un pezzo della sua filiera. Detto questo, come governo e Parlamento, dobbiamo continuare sul lavoro già messo in campo.

A che cosa si riferisce?

«Tra Transizione 5.0, l'introduzione dell'Ires premiale per le imprese che investono, la Zes Unica, i contratti e i minicontratti di sviluppo fino alla nuova Sabatina ci avviciniamo ai 20 miliardi di risorse. Per non parlare della legge per il Made in Italy, quella sulla Concorrenza o la nuova normativa per le start-up innovative. Non credo si possa accusare il governo di non portare avanti una politica industriale».

I prossimi passi?

«Provare a allargare l'Ires premiale e completare la delega fiscale, perché il taglio dell'Irpef finisce anche per aumentare i consumi della famiglia. Presto sarà pronta una legge sui carburanti».

Restando fisco, è prioritario il taglio dell’Irpef o una nuova rottamazione?

«Se lo chiedete a Marco Osnato, vi rispondo che la rottamazione è uno strumento bellissimo, ma il taglio dell’Irpef - portando l’aliquota mediana dal 35 al 33 per cento - ha un impatto economico per gli italiani. Eppoi la prima necessita di oltre 5 miliardi, per l’altra ci sono già 2,2 miliardi a disposizione, la metà delle coperture necessarie. Ora sarà il ministro Giorgetti a presentarci delle proposte».

Al riguardo Carlo Calenda, dalle colonne del Messaggero, lancia la proposta di un tavolo tra governo e opposizione per discutere di crescita, con un piano che ha come pilastri l'energia e l'auto.

«Questi tavoli sono sempre auspicabili, anche se non posso essere certamente io a convocarlo e deciderà il governo. Guardando le proposte, credo che Calenda è sincero nella volontà di tutelare - come noi - alcuni asset di interesse nazionale. Però..».

Però?

«Mi permetto di ricordargli che se il presidente Meloni e il ministro Urso hanno lanciato Transizione 5.0, non era per affossare Industria 4.0, ma perché l'Europa ci ha chiesto una piattaforma più completa per incentivare e rilanciare una transizione che deve essere allo stesso tempo energetica, ambientale e digitale. Tante complessità, sulle quali il ministro delle Imprese sta lavorando, nascono da questo».

Proprio l’Europa, più dell’Italia stessa, dovrà dare una risposta. Anche sui dazi trumpiani.

«La Ue deve svegliarsi dal suo torpore. E non nascondersi dietro i dazi del presidente americano, dei quali non c’è ancora una precisa contezza. Non sto dicendo che l’aumento tariffe sia una benedizione, ma su questo scommetterei senza remore sul fatto che il presidente Meloni sarà il leader europeo che più degli altri potrà ottenere risultati per difendere la produzioni europee».

Al riguardo la produzione italiana dell’auto è calata del 43 per cento in un anno.

«Questo fronte è paradigmatico sul crollo della produzione industriale. È nota la dialettica in questi anni con Stellantis: in tempi non sospetti, e a differenza dei governi precedenti, abbiamo stigmatizzato un’aggregazione, quella tra Fca e Psa, poco fruttuosa per la produzione italiana. Abbiamo criticato l’atteggiamento dell’ex ad Tavares, che per vellicare i suoi azionisti con alti dividendi, ha tagliato tutto quello che c’era da tagliare, minando gli standard di qualità della produzione. E sull’auto e la sua componentistica, la produzione italiana, pur con costi più alti, è migliore di altri. Poi c’è l’Europa».

E torniamo al Green deal?

«Sì, spinto dalla Germania. Non a caso con il no paper presentato a Bruxelles dal ministro Urso, chiede di rimodulare una produzione troppo schiacciata sull’elettrico, per arrivare a una neutralità tecnologica in grado di garantire l’industria dell’auto italiana come quella tedesca».

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