In un clima avvelenato come quello che si respira in Fondazione Crt, il consiglio di amministrazione convocato per stamattina si annuncia ancora più esplosivo. È la prima riunione di questo organo convocata dal 7 giugno, data dell’elezione della presidente, Anna Maria Poggi, e all’ordine del giorno, al punto tre, è stata inserita la verifica della «permanenza dei requisiti in capo a un componente del cda». Il riferimento è ad Antonello Monti, indagato dalla procura di Torino con altri sei consiglieri d’indirizzo della fondazione e con Corrado Bonadeo, ex consigliere considerato l’ideatore del “patto occulto” intorno a cui ruota tutta l’indagine e da cui sono partiti gli esposti al Mef sfociati nell’ispezione ancora in corso e nel rischio che Palazzo Perrone venga commissariato. L’accusa è interferenze illecite sull’assemblea. Inoltre, al punto otto, si parlerà anche di «attività di assistenza legale e pratiche di conciliazione in corso» e in questo caso il riferimento è alla buonuscita che si dovrà concordare dopo la sfiducia dell’ex segretario generale, Andrea Varese, decisa da quattro membri del cda (Caterina Bima, Davide Canavesio, Anna Di Mascio e lo stesso Antonello Monti) che oscilla tra 1,3 e 1,7 milioni. Due questioni particolarmente complesse per Poggi. Per quanto riguarda il primo punto, la volontà di alcuni membri del cda - supportata da valutazioni giuridiche - è arrivare a votare la sospensione e poi la decadenza di Monti e mettere alle strette Poggi che, dal giorno del suo insediamento, ha sempre detto di lavorare a un cambiamento in Fondazione Crt. Oltre alla “moral suasion” nei confronti anche degli altri consiglieri che si sono autonominati a capo di partecipate e controllate, l’operazione “pulizia” potrebbe partire dal membro del cda indagato appellandosi alla «verifica della permanenza del requisito di correttezza in capo ai consiglieri oggetto di indagine penale per un reato societario (art. 2636 c.c.)». Lo statuto della Fondazione Crt contiene due norme rilevanti in proposito: l’articolo 8.3 che parla di requisiti di onorabilità e prevede che i componenti degli organi della fondazione devono avere i requisiti di onorabilità previsti per l’assunzione di cariche negli organi di amministrazione e controllo delle società bancarie e l’articolo 10 che sottolinea che costituiscono cause di sospensione le medesime previste sempre per i consiglieri delle società bancarie. Quindi, a fare da riferimento normativo, secondo il parere di chi ha chiesto la verifica dei requisiti di Monti, ci sono gli articoli 4 e 6 del Dm 169/2020. Nel sei si parla proprio della sospensione dagli incarichi e, tra i motivi che possono giustificarla, viene citato il 4 («Criteri di correttezza degli esponenti») in cui si fa esplicito riferimento a indagini e procedimenti penali in corso per reati societari. È proprio questo il cavillo che potrebbe portare alla sospensione di Monti ma non può essere automatica, deve essere votata a maggioranza. Il consiglio è composto da sette membri tra cui Poggi ma Monti dovrà astenersi. È probabile che gli altri tre consiglieri votino contro la sospensione mentre due dovrebbero votare a favore. L’ago della bilancia diventa la presidente: se vota per la violazione del criterio di correttezza si va a pareggio ma il suo parere, in caso di parità, vale doppio e quindi passerebbe l’ordine del giorno. A questo punto «se l’organo ritiene intaccato il criterio della correttezza è tenuto a pronunciare la decadenza» di Monti. Si vedrà oggi ma, nel caso passasse questa tesi, è possibile che ci siano effetti anche sui consiglieri d’indirizzo indagati (già due si sono dimessi).
Ma c’è anche un altro aspetto di cui si dovrà discutere ed è la buonuscita che spetterebbe a Varese dopo la sfiducia da segretario generale (è ancora dirigente dell’attività istituzionale). L’uomo di fiducia di Fabrizio Palenzona, che nei giorni scorsi è stato ascoltato dagli ispettori del Mef, il 17 giugno ha fatto recapitare una missiva a firma dell’avvocato Ugo Carnevali in cui contesta «l’illegittimità della delibera con la quale il cda avrebbe disposto la revoca dalla carica» che viene definita «ingiustificata, illegittima e gravemente pregiudizievole» perché l’ex segretario generale avrebbe «svolto esclusivamente compiti e funzioni di comunicazione che lo statuto» gli assegna. Quindi chiede il reintegro entro dieci giorni nella carica di segretario. Se non avviene «sarà costretto ad agire giudizialmente anche nei confronti dei singoli consiglieri deliberanti per la tutela dei propri diritti e per il risarcimento dei gravi danni, anche di immagine e reputazionali». E sempre nel cda di oggi si parlerà anche della possibilità che, se si accerta che la revoca sia avvenuta senza giusta causa e ciò comportasse un danno patrimoniale per la fondazione, allora dovrebbero essere chiamati a rispondere i consiglieri che hanno deliberato la revoca.
Intanto la presidente ha anche chiesto (come da prassi) un incontro al Mef per i primi giorni di luglio. Sempre se non arrivi prima la decisione del Tesoro sul commissariamento che il ministro Giorgetti la settimana scorsa aveva annunciato come imminente.