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Davos, gli imprenditori in fila per ascoltare Trump: “Più duro con l’Ue che con la Cina. Dovremo trattare”. E Kerry lascia la sala

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DAVOS. È uno tsunami sul Forum. Donald Trump parla in collegamento, e la sala per ascoltarlo è strapiena. Banchieri, economisti, imprenditori. C’è Christine Lagarde, cappotto rosso, che esce senza dire una parola, ma sorridendo. E John Kerry, che borbotta e poi lascia la sala infastidito. Il mondo del business fa la coda per capire come cambieranno gli equilibri economici globali e ascoltare il tycoon prendere a picconate il Green Deal, «un imbroglio», e sfidare l’Europa: «Gli imprenditori vengano qui, avranno tasse più basse», promette. «È stato un discorso molto chiaro, più duro con l’Europa che con la Cina», commenta Andrea Illy.

Se per l’establishment europeo l’onda trumpiana rischia di diventare una minaccia da cui cercare una via d’uscita, per chi fa affari, garantisce un osservatore attento, è «soltanto un’altra opportunità». Nei corridoi di Davos, quel «liberi tutti» per l’hi-tech e la finanza, risuona forte. «Questa è l’era G Zero, in cui ogni Paese va per conto suo», dice l’analista Ian Bremmer, che punta il dito contro l’assalto alle regole, anche quelle dei mercati. «Un giorno dovremo affrontare il fatto che, quando Trump lancia una criptovaluta e ci sono fluttuazioni così marcate, non dovrebbe essere considerato come normale».

Per chi vive di business, poco importa. Le grandi banche a stelle e strisce si sono già allineate, dicendo addio all’alleanza verde e spingendo sulle nuove frontiere delle monete virtuali. «La nuova amministrazione sta cercando di spingere la crescita nel settore privato», sorride davanti ai microfoni di Cnbc il numero uno di BlackRock, Larry Fink, e dal suo punto di vista – gestisce asset per 11.550 miliardi di dollari – è la migliore delle notizie. «Per Wall Street prevedo un piccolo rally», dice Eddie Kennedy, gestore di Marlborough. È un bagno di realismo. «Il lavoro di un imprenditore non è cambiare il mondo ma affrontarlo», dice Wilbur Ross, miliardario del private equity ed ex segretario al Commercio nel primo governo di The Donald.

il racconto

Trump, l’America contro tutti

dal nostro corrispondente 21 Gennaio 2025

Ora c’è da misurare la reazione del Vecchio Continente. «Servirà una leadership europea unita. Una leadership, sia politica che economica, accorta e coraggiosa che sappia, allo stesso tempo, interagire e negoziare le asperità che si presenteranno, ma anche cogliere gli elementi di crescita e di innovazione che arriveranno dagli Stati Uniti», ragiona Fabrizio Pagani, partner Vitale, già Sherpa G20 e capo segreteria tecnica del Ministero dell’Economia e delle Finanze. I vertici della Commissione sono perfettamente consapevoli del rischio: restare tagliati fuori dal treno della crescita, finendo stritolati in una tenaglia infernale tra l’America e la Cina. «Siamo in un momento cruciale. Ora o mai più», dice un commissario.

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