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"Deriva-Orban", soccorso rosso di Claudio Amendola al Pd. E Concita gongola...

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Tommaso Montesano 07 maggio 2024

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Ah, che meraviglia sarebbe se l’Italia fosse come un film (di sinistra). Che Bel Paese sarebbe davvero, il nostro, se la politica prendesse ispirazione dai campioni (di sinistra) del piccolo schermo. Tutti militanza e lotte (di sinistra).

Sarà un caso, ma ogni volta che si avvicina un appuntamento con le urne, ecco che spuntano gli appelli al voto di attori e registi contro il pericolo delle “destre”. Quest’anno l’occasione l’ha offerta la 69esima edizione dei David di Donatello. Quelle statuette incassate da Palazzina Laf di Michele Riondino e Io Capitano di Matteo Garrone hanno mandato in estasi Concita De Gregorio su Repubblica. Quelle storie che trasudano «senso di comunità», «valore del dissenso», «diritti», sono l’Italia migliore. Perché parlano di «amore e di politica», politica intesa come «tensione verso un orizzonte comune, condiviso e migliore». Il sol dell’avvenire, in pratica. Così “alto” rispetto al becerume, ça va sans dire, dell’ennesima campagna elettorale caratterizzata da «risse cupe»; «ambizioni personali»; «candidati armati di fucile o in divisa militare». E “di destra”, certo.

Ieri, per dire, è tornato a parlare di politica anche Claudio Amendola. Un’intervista di una paginata sulla Stampa per dire che stavolta perfino lui, da tempo ripiegato su se stesso, tornerà a votare Pd. Il momento, del resto, è grave. No, il fascismo non c’entra. La formula magica, adesso, è «deriva Orbán». Una versione aggiornata dei «fasci» degli anni Settanta.

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L’attore e regista fa capire di maneggiare il dossier: «Temo un intervento sulla Costituzione, come il premierato». Che apra la strada, appunto, a un presunto sbocco autoritario. Il primo tassello è andato a posto: «Questo governo sta procedendo a un’occupazione dei media spaventosa, quasi sfacciata».

Fortuna, ecco il “soccorso vip”, che adesso c’è Elly. «Forse Schlein torna a dire qualcosa di sinistra in senso morettiano», concede Amendola. L’attore romano rompe gli indugi: «Stavolta voterò Pd. Schlein sì che è un underdog dentro al suo partito, fa cose di sinistra come andare a Portella della Ginestra, ho aspettative sudi lei».

Nessuna meraviglia: un attore deve fare proselitismo, spiega Elio Germano sullo stesso giornale che ospita Amendola: «Nella Costituzione c’è scritto che i cittadini sono invitati a partecipare alla vita pubblica, quindi a fare politica». E lui, iscritto all’Anpi e reduce dall’appoggio dato a Unione popolare di Luigi de Magistris nel 2022, la fa. Con una discreta attenzione, ecco la novità in vista delle Europee, per i dem: «Contento per il nuovo Pd di Schlein».

Germano ha ricevuto il David di Donatello come miglior attore non protagonista di Palazzina Laf, il film su un operaio dell’Ilva per il quale il collega Riondino ha ottenuto la statuetta perla migliore interpretazione.

Riondino ha vissuto un momento di celebrità - politica - per un post nel quale ha pubblicato una foto a testa in giù del presidente del Senato, Ignazio La Russa. Inevitabile che nelle interviste dopo il premio una domanda abbia riguardato quell’episodio.

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«Non vorrei tornare sull’argomento, fatemi godere questo momento... Forse è stato imprudente», prova a glissare. Il ripensamento non c’è: «Ribadisco quanto detto dal palco del 1° Maggio: comunque la si giri, la foto resta quella, nella sua immobilità definitiva, a raccontare oggi il nostro Paese».

Una foto, perla cronaca, che ritrae un giovane La Russa con altre persone accanto a una foto di Benito Mussolini e davanti a un mazzo di fiori. Ma quello è il passato. Il presente è un Riondino impegnato, da regista, nelle vesti di federatore delle forze progressiste: a Taranto, sull’Ilva, «si scontrano tutte le ideologie di una sinistra che dovrebbe parlare la stessa lingua. Io sono fiero di aver cercato il dialogo». Un consiglio per Schlein.

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