Il Giubileo della speranza è cominciato: sono già migliaia i pellegrini che hanno varcato la porta santa della basilica di San Pietro, gesto che Papa Francesco ha compiuto per primo, aprendo lui la porta nella notte di Natale.
Un'immagine che resterà nella storia: il Papa, con tutta la sua fragilità, ha varcato la porta sulla sedia a rotelle. Oggi l'altro grande appuntamento dell'inizio di questo Anno Santo: l'apertura della porta santa al carcere di Rebibbia. Per il Papa, anche questa è "una basilica", "una cattedrale di dolore e di speranza", come ha detto all'Angelus. E ai detenuti del carcere romano il Pontefice ha chiesto proprio di "non perdere mai la speranza" perché "la speranza non delude", come sottolineato nel titolo della Bolla con la quale ha indetto il Giubileo. Nella stessa Bolla il Papa auspicava un anno di "rinnovamento" e ha chiesto a tutti i governanti di contribuire a questo processo.
Se l'urgenza è la fine delle guerre, il Papa ha chiesto anche provvedimenti molto specifici che sono l'anima di tutti i Giubilei: "forme di amnistia o di condono della pena" per i carcerati e la remissione dei debiti per i Paesi in via di sviluppo. A Rebibbia oggi c'era anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio. "Non abbiamo parlato di questo", ha detto il Papa riferendosi all'amnistia. Ma gesti di clemenza sono attesi, come ha fatto negli Stati Uniti, Joe Biden, che prima di lasciare la Casa Bianca ha commutato in ergastolo la pena di morte di 37 detenuti. Un impegno in Italia trapela dalle parole del vicepremier Antonio Tajani: "La decisione del Papa di aprire la porta Santa a Rebibbia impegna tutti noi ad affrontare il tema carceri", "la pena è privazione della libertà, non della dignità".
"Non perdere la speranza: è questo il messaggio che voglio darvi, dare a tutti noi, io il primo", ha detto il Papa ai detenuti del carcere romano dopo avere aperto la Porta Santa (questa volta varcandola a piedi). In questi giorni di Natale è risuonata in tutti i discorsi del Papa la richiesta di cessate il fuoco su tutti i fronti. Appelli che sono stati accompagnati dal dolore, espresso in più occasioni, per "i bambini mitragliati, gli ospedali e le scuole bombardati" a Gaza. Una comunità che Francesco ha nel cuore e con la quale ha un filo diretto: tutti i pomeriggi telefona alla parrocchia della Sacra Famiglia per aggiornarsi sulla situazione. Dopo le proteste di Israele che lo accusa di "due pesi e due misure", il Papa all'Angelus oggi ha teso una mano "ai fratelli ebrei": "E' iniziata la festa delle luci, Hannukkah, celebrata per otto giorni dai nostri fratelli e sorelle ebrei nel mondo, ai quali invio il mio augurio di pace e fraternità". La comunità ebraica resta ferita però dalle parole usate da Bergoglio.
La presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, pur non citando il Pontefice, sottolinea: "Il dialogo presuppone l'uso delle parole, attinte ai dizionari di guerre, di storia e di diritto internazionale, con senso di consapevolezza e responsabilità per il loro significato puntuale. Aprendo Porte del Giubileo e mantenendo ben aperte quelle del dialogo e della coerenza". Altro tema del Giubileo, emerso nel messaggio natalizio dell'Urbi et Orbi di ieri, e ribadito nell'Angelus di oggi, è quello di "sollevare i Paesi oppressi da debiti insostenibili e promuovere lo sviluppo".
"Basta colonizzare i popoli con le armi. Lavoriamo per il disarmo, lavoriamo contro la fame, contro le malattie, contro il lavoro minorile", l'appello del Papa. Intanto da ieri prosegue l'afflusso di pellegrini alla Porta Santa di San Pietro. Alla fine della prima giornata erano stati 35mila - secondo dati del Dicastero per l'Evangelizzazione - i pellegrini che avevano compiuto questo gesto. I primi degli oltre trenta milioni attesi in tutto il 2025.
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