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SILEA (TREVISO) - Da una parte la badante, a cui l'anziano defunto ha lasciato (quasi) tutta l'eredità. Dall'altra il figlio che si sarebbe appropriato di quel "tesoretto" composto da 320mila euro in contanti, un assegno da 2.500 e un paio di telefoni cellulari. C'è un grosso testamento al centro del processo approdato in tribunale a Treviso nei giorni scorsi. Alla sbarra, con l'accusa di appropriazione indebita, un 64enne di Silea, di professione giornalista. Il procedimento è scaturito dalla denuncia della badante, una signora albanese che aveva accudito l'anziano, facoltoso imprenditore, nei suoi ultimi anni di vita.
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La vicenda
I fatti risalgono al febbraio del 2022 quando l'uomo è venuto a mancare. I rapporti con il figlio si erano raffreddati dopo la separazione con la moglie, fino a interrompersi quasi del tutto. L'uomo aveva invece trovato conforto nelle cure della badante, considerandola come una seconda figlia, tanto da passare del tempo anche con il marito e i figli di lei. Da qui la decisione di nominarla sua erede, con un testamento olografo. Alla morte dell'imprenditore, però, il figlio si sarebbe impadronito dell'ingente somma di denaro che il defunto teneva in casa.
La difesa
Il 64enne, dal canto suo, sostiene di aver agito in modo corretto, depositando in banca i soldi rinvenuti in casa, in attesa della spartizione ereditaria. Sul conto bancario sono stati trovati 70mila euro, ma la badante sostiene che i soldi fossero quasi cinque volte di più. Sarà il giudice Alberto Fraccalvieri a dirimere la questione: l'istruttoria entrerà nel vivo a partire dalla prossima udienza, fissata per maggio del 2025.