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Fra Guccini e Jovanotti un litigio senza "gloria": polemica per la canzone di "Tozzi"

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Luca Beatrice 22 dicembre 2024

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Sembra di essere tornati agli anni ’70, quando imperava la divisione tra cultura alta e intrattenimento pop, quando o eri cantautore o andavi a Sanremo, o facevi pensare o ti piaceva ballare. I famigerati e da questo punto di vista mai rimpianti anni ’70, quelli della rubrica sui Quaderni rossi, “i libri da leggere e quelli da non leggere”. Nella musica leggera tale distinzione non ha mai retto, nemmeno per la canzonetta impegnata verniciata qua e là di rosso. Persino per quei brani spogli e tristi, privi di arrangiamenti perché nell’immaginario cantautorale bastava un giro di chitarra acustica ad accompagnare la voce, niente batteria, nessun anelito pop. E Francesco Guccini pezzi così ne ha scritti diversi e alcuni molto intensi, che li cantavano alzando il pugno e declamando in coro «la bomba proletaria, illuminava l’aria, la fiaccola dell’anarchia».

Peraltro, il simpatico cantautore di Modena non è stato sempre nel mood corteo sciarpa rossa, ha descritto l’amore -per quanto in versione antiborghese sempre di sentimento si tratta- duettato con i Nomadi tra la via Emilia e il West. Avendo sviluppato da una certa età la carriera parallela di romanziere, Guccini ha letto molto ricorrendo così al meccanismo della citazione letteraria; sua autentica passione gli americani come Faulkner o Steinback. «C’è un lavoro intellettuale dietro certe canzoni» ha puntualizzato rispondendo alla polemica (alquanto bonaria) innescata da Jovanotti secondo il quale «Gloria di Umberto Tozzi non ha nulla da invidiare alla Locomotiva»: in fondo appartengono alla stessa categoria della canzone popolare. Mettendo così una pietra sopra all’abusata distinzione tra alto e basso.

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A Lorenzo, Guccini piace e anche De Gregori, i suoi preferiti sono però Dalla e Battiato perché più pop, e tutti possono stare nella medesima categoria cantautorale modificatasi nel corso dei decenni. Il Jova che viene dalla scuderia dei DJ di Claudio Cecchetto ha trovato album dopo album la perfetta sintesi, un crossover che si è sviluppato negli anni ’90, tra dance e ballate romantiche, riflessioni profonde e tanta voglia di divertirsi, dicendo la sua sull’ambiente e pensando positivo in un mondo in cui esiste solo una grande chiesa che passa da Che Guevara a Madre Teresa, da Malcom X a Gandhi a San Patrignano, insomma una visione sociopolitica diversa dall’ideologia dei vecchi cantautori, anche se pure nei Compagni di scuola di Venditti Nietzsche e Marx si davano la mano.

Tozzi però no. L’adorato Umberto si porta dietro la colpa di aver venduto milioni di dischi. E Gloria ha sfondato pure all’estero nella versione di Laura Bratigan, è il nostro pezzo pop globale dei tardi anni ’70. Però Guccini nella diatriba puntualizza di appartenere a un’altra razza: «C’è un lavoro intellettuale dietro certe canzoni e non voglio fare di classe A, classe B, eccetera. Però, c’è tutto un mondo diverso che dietro Gloria non c’è. Anche se è una bella canzone, una canzone simpatica». Tra un fiasco di Sangiovese nell’osteria di Piadena e una flûte di Champagne Krug a Montecarlo corre l’eterno pregiudizio, non riconoscere che anche Tozzi ricorre se serve alla cultura, attingendo addirittura nella poesia latina.

L’incipit dell’epigramma Odi et amo di Catullo, “Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior”, regge il significato di un altro grande successo scritto insieme a Giancarlo Bigazzi, Ti amo, traduzione consapevole o non consapevole come ebbe a notare un articolo di Alessio Torino e Laura Zangarini pubblicato su La Lettura nel 2017. L’equivoco di fondo resta il solito: è la declinazione politica a rendere una canzone, e dunque un interprete, superiore a un’altra. Guccini, trapper antesignano, diceva tante parolacce ne L’avvelenata ma era uno sfogo comunista, dunque legittimo e legittimato. Tozzi da cantautore si limitò a raccontare l’amore, poi ci ha messo le basi, il synth e siamo andati a ballare. Lorenzo ci ha visto giusto, sono due facce della stessa medaglia. Ora ci vorrebbe un Marrakasch che campionasse La locomotiva per mettere tutti d’accordo, E sì che funzionerebbe.

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