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Il 44enne è imputato per uccisione di animale
di Laura Pace
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Giovedì 23 Gennaio 2025, 06:21
«Ho cercato di togliere il gatto dalle fauci dei due husky. Lo stavano sbranando mentre il loro padrone non muoveva un dito». Parole che gelano l’aula del Tribunale di Roma dove una volontaria della colonia felina "La casetta dei gatti", nella zona Eur-Cecchignola, ha testimoniato ieri contro Alessandro Sallusti, 44enne romano imputato per uccisione di animali davanti al giudice monocratico della quinta sezione penale Albina Fiordalisi. La donna ha ripercorso con dolore i drammatici eventi di quel 24 luglio 2020. Allertata da rumori insoliti e urla soffocate, si era avvicinata alla recinzione che separa il rifugio dal condominio dell’uomo, situato proprio davanti alla colonia. «Ho cercato di capire cosa stesse accadendo. Allarmata da quei versi ho chiesto: “C’è nessuno? Va tutto bene?”. Dopo minuti di silenzio inquietante, mi sono sporta oltre la rete e lì ho visto una scena atroce». Gli husky dell’uomo stavano attaccando una delle loro gattine. «Lei cercava di rifugiarsi sotto una macchina ma era sventrata, si vedevano le viscere. Dalla rete mi è sembrato che lui le desse calci, come per finirla». La volontaria, presa dall’adrenalina, a quel punto si è arrampicata su un albero per superare la recinzione alta due metri, nella speranza di salvare l’animale. «L’ho raggiunta che respirava ancora, ma le interiora erano fuori, ho provato a sistemarle come potevo. Le mie colleghe, dall’altra parte della rete, mi hanno passato un trasportino e l’ho affidata subito alla responsabile, che l’ha portata di corsa dal veterinario. Ma a quel punto non c’era più nulla da fare».
UN CLIMA DI PAURA
La tensione non si è fermata a quella tragica giornata.
Secondo la testimone in aula, Sallusti è noto nel quartiere per atteggiamenti violenti. «Lui stesso ha ammesso durante il nostro diverbio che non era il primo animale che faceva uccidere. Cito testuali parole: “È il terzo gatto che vi ammazzo”». Non solo. Dopo la denuncia, arrivata a una settimana dall’aggressione, l’uomo avrebbe cercato di intimidire la responsabile della colonia, urlando e scuotendo la recinzione. «Ci siamo sentite in pericolo e tutt’ora ci sentiamo così. Lì siamo tutte donne e lavoriamo in una struttura isolata. Non restiamo mai sole dopo quell’episodio e abbiamo installato telecamere». L’avvocato di Sallusti, Monica Mesiano, ha cercato di ridimensionare le accuse, sostenendo che i cani fossero al guinzaglio e che l’episodio possa essere stato un incidente legato «all’istinto predatorio tipico della razza husky». La volontaria in aula però ha i suoi dubbi. L’avvocatessa Giada Bernardi, che assiste la parte civile, commenta: «Si tratta di un caso emblematico, perché dimostra che denunciare è fondamentale per cambiare le cose. I reati contro gli animali non sono di serie B, ma di serie A, e spesso sono preludio ad altri comportamenti illeciti. Il processo sta andando avanti con l’attenzione e la cura che merita».