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«Siamo stati i primi cattolici a mettere piede a Gaza dopo il 7 ottobre. Una specie di terra di nessuno in cui tutto è andato distrutto per chilometri e chilometri. Un luogo di devastazione inimmaginabile dove non si sorride più. La gente è sotto choc tuttavia non ho intravisto i segni della malnutrizione su coloro che abbiamo incontrato. Da medico posso dire che restano, invece, altissimi i rischi sanitari e igienici poiché l'acqua potabile è carente». Raggiunto telefonicamente a Lourdes dove si trova ora, Sandro De Franciscis, Grande Ospedaliere dell'Ordine di Malta ripercorre quelle sette ore di permanenza in uno dei più difficoltosi teatri di guerra mediorientali. La missione di cui ha fatto parte era guidata dal cardinale Pierbattista Pizzaballa e composta da due suore di Madre Teresa, dal parroco don Gabriel e da tre funzionari del Malteser International e dell'Ordine di Malta. E' stata resa possibile grazie ad un accordo raggiunto personalmente dal Patriarca con l'IDF, l'esercito israeliano che di fatto ha permesso l'ingresso nella Striscia delle tre vetture sulle quali viaggiava il piccolo gruppo.
«Abbiamo attraversato il nuovo check-point creato a nord, vicino alla costa, il varco che permetterà l'afflusso degli aiuti umanitari. Si è trattato di una operazione alla quale Pizzaballa stava lavorando da mesi e per la quale ha chiesto l'aiuto all'Ordine di Malta». De Franciscis riassume ogni fase, descrive i timori, l'attesa consumata nella discrezione più totale per non far saltare la missione, la preparazione minuziosa e fulminea. «Finalmente a maggio è arrivato il via libera e siamo partiti per Tel Aviv.
L'obiettivo resta di fare della parrocchia cattolica di Gaza un punto di distribuzione di aiuti di primo livello, sia per quanto riguarda le attrezzature mediche e i medicinali, sia per i beni di più stretta necessità».
GUERRA
Nelle settimane precedenti al viaggio è stata anche firmata un'intesa tra Ordine di Malta e Patriarcato per l'ulteriore collaborazione. «Con il pieno supporto delle autorità israeliane le auto dell'Ordine di Malta sono entrate a Gaza dal check-point. Lì ad attenderle c'erano le vetture della parrocchia. Avevamo con noi anche padre Gabriel, il parroco che dal 7 ottobre si trovava in Israele. Il 7 ottobre era dovuto andare a Betlemme e di fatto gli era stato poi impossibile ritornare. Al suo posto, nella parrocchia, c'era il suo sostituto, un prete egiziano, che quasi ogni giorno ha ricevuto la telefonata di Papa Francesco da Santa Marta» ricorda De Franciscis.
«Quando ci siamo fermati in territorio palestinese i parrocchiani di Gaza che ci attendevano non appena ci hanno scorto hanno iniziato a piangere. Piangevamo tutti. Le due suore di Madre Teresa che erano rimaste per 7 mesi a Gaza sotto le bombe sono ritornate in Israele e sono state sostituite dalle due suore che avevamo portato con noi. Poi per quaranta minuti abbiamo percorso in auto strade disastrate che mostravano il volto orrendo della guerra. Ai lati non c'è una sola palazzina restata in piedi. Mi ha colpito l'accanimento con il quale è stato raso al suolo il territorio. Ai bordi c'erano centinaia di auto schiacciate, crivellate, bruciate. Tutto è andato distrutto, bombardato in modo radicale. Ogni tanto si vedevano delle persone che raccoglievano dei metalli e altri oggetti abbandonati, credo per una sorta di mercato del riciclo. Qualche ragazzino ci ha sorriso e salutato al nostro passaggio e questo ha dato un senso di speranza, togliendoci l'oppressione di quello che stavamo vedendo».
«Arrivati in parrocchia, a Gaza, padre Gabriel è stato accolto come un padre. La comunità cattolica è minoritaria rispetto agli ortodossi tuttavia in questi mesi difficili i cattolici hanno aiutato in tutto e per tutto gli ortodossi perché le loro strutture erano state danneggiate. Ho visto ambienti carenti, con alloggi di emergenza, lettini di gomma piuma. C'è il forte rischio di una epidemia di epatite A, il che significa che non c'è acqua filtrata. Occorrono poi con urgenza strumenti dentistici e odontoiatrici. Non esistono più gli ospedali poiché sono stati bombardati, visto che sotto c'erano le strutture di Hamas. La prima cosa che il Patriarca ha fatto è la celebrazione di una messa nella chiesa. Poi io ho consegnato simbolicamente da parte dello Smom due scatoloni di beni di prima necessiàt in attesa che arrivino gli aiuti, si spera sia possibile per la fine del mese di giugno» ha continuato il racconto De Franciscis.
Per impedire che Hamas possa impossessarsi degli aiuti umanitari, l'Ordine di Malta non utilizzerà volontari ma staff contrattualizzato dal Malteser che accompagnerà i convogli. Inoltre useranno aziende locali convenute dalle forze dell'IDF, fino alla destinazione finale. «A fare da garante è il Patriarca Pizzaballa, uomo di dialogo e rispettato da tutti».