Home SignIn/Join Blogs Forums Market Messages Contact Us

Germania, l'Afd spacca in due il Paese: il divario tra Est e Ovest (tra politica e salari) non si è ancora ricucito

2 ore fa 1
ARTICLE AD BOX

Tra i tanti elementi di interesse che emergono delle elezioni in Germania di domenica scorsa ve n’è uno che rischia di essere sottovalutato per le sue implicazioni, anche per l’Italia. Qui non ci riferiamo ai risultati del voto e alla loro traduzione sul piano istituzionale: il mancato raggiungimento (sia pure per poche migliaia di voti) della soglia di sbarramento da parte del partito di sinistra populista Bsw ha reso possibile, sulla carta, un governo di coalizione tra i vincitori della Cdu/Csu e gli sconfitti della Spd, senza la necessità di allargare il perimetro a un terzo partito. Delle trattative per la formazione di un nuovo governo (guidato da un nuovo Cancelliere che, si presume, sarà il leader della Cdu Friedrich Merz) si discuterà molto nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.

Boom AfD nella Germania orientale: in alcuni comuni dato oltre il 70%

LA SPACCATURA

Ma se restiamo sull’analisi del voto tedesco, in particolare dal punto di vista geografico, ci troviamo di fronte a una verità sorprendente, anche se non del tutto inattesa: la divisione tra le due Germanie, cioè tra la Germania Ovest e la Germania Est, è ancora netta e ben visibile, a quasi 35 anni di distanza da quella riunificazione che fu il capolavoro politico di Helmut Kohl. Se guardiamo la mappa del primo partito in ciascuno dei 299 collegi, infatti, vediamo come l’intero territorio della ex Germania Est sia una grande distesa quasi uniforme di azzurro - il colore “ufficiale” di Afd. Con l’importante eccezione di Berlino (dove i partiti di sinistra sono nettamente più forti), tutti i 46 collegi uninominali conquistati dal partito di destra populista guidato da Alice Weidel, si trovano, infatti, nella parte orientale del Paese; viceversa, la quasi totalità dei collegi della ex Germania Ovest sono colorati di nero e rosso, i colori dei partiti tradizionali: la Cdu pressoché ovunque (in Baviera Csu), e la Spd, indebolita e rinchiusa nelle sue roccaforti nella Ruhr e in Bassa Sassonia, ai quali si aggiungono i Verdi, vincitori di una manciata di collegi urbani sparsi. Una divisione così evidente non è casuale: peraltro, si tratta di un risultato già emerso, in modo quasi identico, nelle elezioni europee dell’anno scorso e nelle precedenti elezioni federali del 2017. Ma anche prima di allora, cioè ancora prima che Afd raggiungesse percentuali a doppia cifra, nell’ex Germania Est vi sono sempre state delle dinamiche elettorali particolari: ad esempio, la sinistra radicale della Linke è stata molto più forte qui che nell’ex Germania Ovest, mentre i Verdi hanno sempre mostrato una dinamica inversa. Non è, ovviamente, una coincidenza. Le differenze nel comportamento elettorale tra Est e Ovest sono il riflesso di una diversità sociale ancora oggi estremamente evidente, nonostante gli sforzi - titanici - compiuti dal governo federale tedesco dopo la riunificazione alla ricerca di una convergenza. In effetti, se si osservano le mappe della Germania che riguardano variabili sociali ed economiche come il reddito, il tasso di disoccupazione, l’età media, la presenza di immigrati, persino il possesso di automobili o la religione, sembra di guardare due paesi diversi. Più ricca, popolosa, densa di giovani e di immigrati, con pochi disoccupati e molti credenti (siano essi protestanti o cattolici) la Germania occidentale; più povera, con una forte emigrazione interna e un’età media in aumento, con molti meno immigrati e molti meno credenti, la Germania orientale - anche qui, con l’importante eccezione di Berlino. Ai lettori italiani questa dicotomia può facilmente richiamare, fatte le dovute differenze, quella che c’è nel nostro Paese tra Nord e Sud. Eppure, la distanza tra le due Germanie ha origini diverse, meno strutturali ma non per questo meno profonde.

I FATTORI

Prima delle Seconda guerra mondiale, la parte economicamente e socialmente più avanzata del paese era proprio quella orientale, propaggine dell’antico stato prussiano che nell’Ottocento, grazie a una precoce modernizzazione industriale e militare, con Otto von Bismarck guidò la riunificazione della Germania, in modo simile a come il Piemonte dei Savoia aveva guidato quella italiana pochi anni prima. Con la caduta del Terzo Reich e la divisione della Germania tra un Ovest messo «sotto tutela» dalle potenze occidentali e un Est controllato per 40 anni dall’Unione Sovietica, la situazione si è ribaltata, con effetti molto più duraturi di quanto si potesse immaginare. La caduta del muro di Berlino e la riunificazione dovevano portare la Germania Est ad assomigliare alla sua “sorella” occidentale, dal punto di vista sociale, economico e politico. Le elezioni di domenica scorsa dimostrano, ancora una volta, che nelle società certi muri, dopo essere stati abbattuti materialmente, restano in piedi anche per decenni, e che l’impresa di amalgamare pezzi diversi di uno stesso paese può rivelarsi molto più ardua del previsto. Un discorso che suona familiare all’Italia ancora divisa tra Nord e Sud, ma anche agli Stati Uniti, dove megalopoli e realtà rurali sembrano sempre più mondi diversi e inconciliabili, così come a un’Europa sempre alla faticosa ricerca di un’identità comune.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leggi tutto l articolo