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Giancarlo Aneri: "Ho inviato a Donald Trump il mio Amarone per festeggiare"

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Daniela Mastromattei 08 novembre 2024

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«Più che simpatizzante di Donald Trump, amo le persone che rispecchiano le mie idee. E lui mi piace perché ha promesso che riporterà la pace nel mondo, questo mi basta. Tutto il resto interessa soprattutto gli americani che evidentemente hanno apprezzato i suoi discorsi e obiettivi. Sono fiducioso, solo lui potrebbe a breve far finire la guerra in Ucraina e, seppur consapevole che sarà un percorso più lungo e difficile, anche quella che coinvolge Israele. Esattamente come nei quattro anni del suo primo mandato aveva mantenuto un profilo non bellicista - e lo aveva annunciato appena eletto festeggiando con il mio Amarone (Aneri ndr), che gli avevo fatto arrivare tramite l’amico comune Flavio Briatore - anche stavolta, il giorno del suo trionfo, gli ho spedito altre sei bottiglie di Amarone del 2016, l’anno della sua prima vittoria».

Dove le ha inviate alla Casa Bianca?
«Per carità, adesso se le berrebbe Biden, Trump arriverà lì non prima di gennaio, la cerimonia di insediamento dovrebbe essere prevista per il 20. L’ho inviate a una delle sue residenze, sono sicuro che le riceverà. Ci tengo a dirle un’altra cosa. Posso?».

Certo...
«Da pacifista quale sono, l’anno scorso ho voluto dare il premio “È giornalismo” - fondato nel 1995 da me insieme a Indro Montanelli, Enzo Biagi e Giorgio Bocca - al Papa, perché è l’unico che parla pubblicamente di pace. Anche al Santo Padre abbiamo portato un Amarone con le firme a penna di tutta la mia famiglia».

La pace, la famiglia, l’amicizia e i sentimenti più nobili sono le basi su cui fonda tutti i suoi rapporti anche quando parla di business Giancarlo Aneri, che non è solo un imprenditore vinicolo di successo ma è anche un pezzo di storia di Verona e del Veneto, con la passione per la carta stampata. Per lui «l’idea vale più dei soldi», le sue bottiglie più del fatturato. E non fa affari con chi vuol parlare di costi prima di conoscere i suoi prodotti.

Un filosofo...
«Ho avuto due maestri: uno imprenditoriale, Enzo Ferrari, che mi diceva “pensa in grande e se fai qualità fatti rispettare”; l’altro culturale, Indro Montanelli, un grande amico. Sono sempre stato attratto dalle persone più grandi di me che avevano quasi sempre qualcosa da insegnarmi».

E gli uomini più potenti del mondo hanno brindato con il suo Prosecco e pasteggiato con il suo Amarone...
«Nel 2004 quando hanno firmato la Costituzione europea a Roma, Berlusconi ha donato ai 27 capi di Stato presenti le mie bottiglie di Amarone personalizzate con i loro nomi. Il vino unisce e il brindisi è sempre un momento di felicità».

Tornando a Trump per cos’altro si sente vicino al nuovo presidente degli Stati Uniti?
«Per il concetto di famiglia, il giorno della vittoria era lì sul palco con la moglie e tutti i suoi figli schierati. Più è numerosa e più è potente la famiglia. E nel momento del bisogno c’è, non accorre certo il tipo conosciuto al circolo del tennis. Spero che Trump agisca pensando alle famiglie in generale, soprattutto a quelle più povere e bisognose».

La sua che famiglia è?
«La mia si riunisce tutta nei giorni della vendemmia, per esempio, anche le mie nipotine danno una mano. A tutti ho dedicato una bottiglia di vino a cominciare da mia moglie Leda. Il suo nome è su una bottiglia di bianco dal profumo eccezionale del 2015».

A quale potente della terra vorrebbe spedire il suo nettare degli dei?
«A Elon Musk per il suo viaggio su Marte. Desidero che il mio Amarone arrivi sul pianeta rosso».

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