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Poteva essere l'anno del collasso, oppure quello del riscatto. O meglio, della dimostrazione che Roma può essere una città organizzata, sicura, accogliente, anche nel momento in cui diventa il centro del Mondo, con un evento planetario da gestire, come l'avvicendamento di due Papi, un torneo internazionale di tennis a pochi isolati di distanza, 150.000 partecipanti alla Race for the Cure e una massa di turisti già critica per il Giubileo che è in corso.
Sindaco Gualtieri, come sta vivendo questi giorni ad alta tensione che proseguiranno almeno fino alla Messa di inizio pontificato prevista la prossima domenica?
«In realtà è stato tutto un anno impegnativo, reso ancora più sfidante dagli eventi straordinari che si sono sovrapposti. Premesso che c’è ancora molto da fare e ci saranno eventi di grande complessità come la messa inaugurale di domenica prossima e il Giubileo dei giovani in estate, sono molto soddisfatto per come stanno andando le cose e penso che questo sia il risultato del lavoro che era partito nei due anni e nei mesi precedenti, a cominciare dal fatto che erano stati rimessi in sesto i servizi fondamentali della città”.
Per esempio?
«Per esempio non sarebbe stato possibile potenziare in poco tempo i trasporti e la pulizia delle strade se non avessimo migliorato nel tempo il livello di base di questi servizi. Altrettanto importanti sono state le nuove assunzioni della Polizia locale e il potenziamento della Protezione civile. Alcuni interventi giubilari sono stati fondamentali anche per gestire l'aumento di persone intorno al Vaticano per i funerali di papa Bergoglio, come la nuova piazza Pia e la semipedonalizzazione e la riqualificazione di piazza Risorgimento, di via Ottaviano, della Passeggiata del Gelsomino, della Stazione San Pietro e tanto altro ancora».
Ha vinto il modello organizzativo o le persone che lo hanno attuato?
«Direi che ha vinto l’impegno delle persone, e un nuovo metodo di collaborazione inter-istituzionale. Lo abbiamo chiamato metodo Giubileo, un metodo che ha creato un clima di fiducia e di collaborazione tra tutti i soggetti interessati, che poi ha reso più semplice lavorare insieme. Coinvolgere le diverse articolazioni dello Stato, dal governo alle grandi aziende pubbliche, penso ad esempio all'Anas, è stato fondamentale. Va poi sottolineata la grande qualità del dispositivo di sicurezza, organizzato da un ottimo prefetto con i corpi di Polizia».
Tutto questo è stato possibile anche senza i poteri speciali che Roma Capitale attende da tempo; che riflessione dobbiamo fare?
«Effettivamente ho fatto un uso assai moderato dei poteri commissariali legati al Giubileo, che pure sono stati importanti per la redazione del nuovo piano rifiuti. In realtà assai più dei poteri ha contato il tavolo inter-istituzionale, cioè il modello Giubileo al quale facevo riferimento, e naturalmente le risorse aggiuntive che noi abbiamo utilizzato bene ma senza le quali avremmo avuto grossi problemi».
Allora provo a rifare la domanda: cosa si sarebbe potuto fare in più se Roma avesse avuto i poteri speciali di una legge che da troppo tempo è in fase di lavorazione?
«Guardi, c'è un tema di fondo: Roma soffre stabilmente e da tempo di un deficit significativo di risorse statali. Inoltre non è mai stata attuata la disposizione costituzionale vigente che prevede un ordinamento specifico, cioè delle condizioni particolari di autonomia. Sicuramente le due cose, unite ad alcuni poteri legislativi attualmente in capo alla Regione Lazio aiuterebbero a migliorare ulteriormente la qualità dei servizi e la capacità di governo del territorio e a essere meno dipendenti da risorse straordinarie».
Torniamo a quello che c'è ancora da fare: una veste nuova per Roma Capitale. Sono allo studio alcuni disegni di legge di maggioranza e opposizione, e poi sarebbe in lavorazione anche un testo di riforma costituzionale. Che ne pensa?
«So che è in preparazione un testo del Governo e ringrazio il Presidente del Consiglio per la disponibilità a confrontarsi con il sindaco su un tema così delicato prima della sua presentazione. Sarebbe opportuno lavorare in parallelo con una legge ordinaria, che da subito potrebbe rafforzare poteri e risorse di Roma Capitale e con un testo costituzionale che rafforzi le disposizioni attuali e introduca alcuni poteri legislativi».
Ma cosa serve a Roma per svolgere al meglio le sue funzioni?
«Più risorse e maggiore autonomia normativa, amministrativa e finanziaria, che peraltro sarebbero possibili anche a costituzione vigente, ma che certo una riformulazione dell’articolo 114 potrebbe legittimare in modo più ampio e soprattutto collegando meglio poteri e risorse. Per quanto riguarda i poteri legislativi, penso ad alcuni ambiti circoscritti come ad esempio commercio e urbanistica. Sono disponibile a lavorare di intesa con il Presidente Rocca per individuarli in modo condiviso».
Roma è molto estesa. Molte città in una, si dice. Lei pensa che i municipi dovrebbero avere maggiore autonomia?
«L’autonomia dei municipi può essere utilmente rafforzata in alcuni ambiti, purché ci siano adeguate risorse e personale, ma penso che vada mantenuta l’unità di Roma Capitale perché spezzettarla avrebbe sicuramente l’effetto di ridurre l’efficienza e la qualità dei servizi e di aumentare i costi e le disparità tra centro e periferia. Tra tutti i modelli europei di governance delle grandi città eviterei di seguire l’unico che non funziona molto bene, cioè quello di Bruxelles, che non è una città ma una regione in cui i quartieri sono comuni autonomi. In realtà se si vuole maggiore efficienza e omogeneità nella qualità dei servizi tra centro e periferia determinate funzioni operative (penso a strade, cura del verde etc) vanno centralizzate e non frammentate, mentre invece la funzione di prossimità dei Municipi va esaltata nel rapporto con i cittadini. Ma queste sono cose evidenti e non mi aspetto soluzioni bizzarre».
Cosa deve diventare Roma? Un comune, una provincia, una città metropolitana che ricomprenda anche aree molto periferiche?
«Roma deve rimanere un comune. Un comune speciale, con condizioni particolari di autonomia e risorse che tengano conto della sua funzione di Capitale e di centro mondiale della cristianità, ma pur sempre un comune. Creare un ente diverso, di natura indistinta, rischierebbe di ridurne l'efficienza, a partire da quegli ambiti che si sono rivelati così performanti anche in queste giornate di maggio. Poi c’è anche una questione di tempi».
In che senso?
«Nel senso che se si decidesse di istituire un ente di tipo nuovo partendo da zero questo richiederebbe anni di lavoro impegnandoci tutti per molto tempo in un gigantesco cantiere amministrativo che non possiamo permetterci. Bisogna fare presto e bene, e io vedo tutte le condizioni perché finalmente la Capitale possa essere dotata di un ordinamento adeguato».
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