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C'è qualcosa che non torna a padre Alberto Maggi, raffinato biblista, autore di innumerevoli pubblicazioni, fondatore di un centro studi biblico e voce tra le più libere. Si tratta dell'uso di quel brutto sostantivo che il Papa avrebbe pronunciato (anche se poi si è scusato) davanti a dei vescovi, materializzando di conseguenza tanti pregiudizi che si vorrebbero fossero in via di archiviazione. «Oggi nella Chiesa i sodomiti non vengono più arrostiti tuttavia si continua ancora a sostenere che le relazioni omosessuali sono condannate nella Sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate come la conseguenza di un rifiuto di Dio. Mi riferisco alla Dichiarazione persona humana della Congregazione per la dottrina della fede del 1975. A questo va aggiunto anche il Catechismo che dice: "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale". Mi riferisco all'articolo 2357».
Quei documenti non fanno forse riferimento ad importanti passaggi biblici e persino agli scritti di San Paolo?
«Da biblista dico che la dottrina repressiva della Chiesa è costruita su basi molto traballanti. E prima o poi si arriverà a capire che, agli occhi di Dio, non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo».
Che reazione ha avuto quando ha letto che il Papa aveva usato un termine omofobo per riferirsi alla presenza di omosessuali nei seminari italiani?
«Confesso che ho provato un certo disagio. Mi sono sentito imbarazzato. Ho pensato a qualcosa di stonato, come se ci fosse un movimento non previsto, disarmonico. Non so cosa lo abbia portato ad usare una parola del genere tuttavia ho pure riflettuto sul fatto che questo incidente capita all'undicesimo anno del suo pontificato. In cuor mio non vorrei che fossimo di fronte ad una fase declinante di un papato che è stupendo».
Fase declinante?
«Beh, abbiamo visto la parabola che ha contraddistinto San Giovanni Paolo II, la sua ultima fase era un po' patetica, mentre quella successiva di Benedetto XVI è stata marcata da tinte drammatiche. Ecco che in questo quadro sequenziale spero che il papato di Francesco possa restare immune da altri incidenti di questo genere perché lo sporcherebbero. Il mondo ha ammirato tantissimo quando con coraggio ha costruito passo dopo passo la Chiesa da campo, misericordiosa, aperta a tutti. Quella carezza fatta a chi soffre. Il suo cercare gli occhi della gente ovunque vada. E poi ci sono anche altre cose».
Per esempio?
«Sul diaconato alle donne. Prima aveva detto di si, e poi adesso ha fatto capire che ha cambiato idea e non si farà. In Vaticano ho saputo che i suoi collaboratori di curia non ne sapevano nulla e sono rimasti spiazzati dall'annuncio. Spero solo una cosa»
Cosa?
«Che adesso non lo giustifichino come si fa coi politici, quando dicono che parlavano a loro insaputa».
A dire il vero si è scusato personalmente attraverso la Sala Stampa vaticana ribadendo che nella Chiesa c'è spazio per tutti e che non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi. Ha persino rivolto le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l'uso di un termine, riferito da altri. Un gesto riparatore?
«Io ho sempre amato questo Papa sin dall'inizio. È stata una benedizione per la Chiesa intera perché ha portato Dio agli uomini (e non gli uomini a Dio) attraverso la tenerezza e la carezza di Dio. Senza escludere nessuno, senza escludere le minoranze, i poveri, gli emarginati. Ha seguito Gesù andando contro corrente, resistendo a tante difficoltà».
Cosa pensa della benedizione alle coppie gay che ha autorizzato di recente?
«Ecco proprio questo esempio può servire per far capire che prima ha fatto un passo in avanti e poi subito dopo uno indietro. Un pasticcio. Prima ha autorizzato le benedizioni, poi vedendo le resistenze che generava ha corretto indicando che si devono benedire i singoli, uno alla volta e per 15 secondi. Io benedico da quarant'anni coppie gay, lo ho sempre fatto discretamente per non sporcare un sentimento bello e non urtare la gente che ne sarebbe stata urtata, per rispetto».
Un quadro caotico...
«Gesù ci insegna a parlare chiaro: si si, no no.
La diplomazia del Vaticano a volte non ha nulla a che vedere con il Vangelo».