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Di lusso no, ma lontana destinazione sicuro: da Milano a Livorno in Intercity servono 4 ore e 45 minuti. Se invece si cambia e si prendono i Freccia, ce la si può cavare nella metà del tempo. Ma si spende il triplo. Ieri sera a Pavia è salito un ragazzo (scoprirò dopo) eritreo. Magro come la carta velina, vestito leggero, con una borsa della spesa di tela, quadra, piena all’inverosimile.
Il cripto-razzista che si agita anche nel sottoscritto, perché anni di suprematismo bianco incidentale l’avranno pur lasciato, qualcosa, nel Dna, ha subito pensato che non avesse il biglietto. Poi, siccome ho fatto almeno le Medie e avevo buone professoresse di educazione civica, quel “pensato” è diventato “temuto”. Temevo, per lui, che fosse senza biglietto. Ipotesi che si è avverata pochi istanti dopo quando la capotreno, con un gesto ormai inusuale nei convogli a passo lento, ha iniziato la controlleria. Siccome si erano sparsi per la carrozza, non ho subito inteso che fossero in tre. La ferroviera è stata cortese, civile, come raramente accade se hai la pelle della pigmentazione sbagliata e ti trovi di fronte a una qualunque divisa. Ma non ha derogato: «Dovete scendere a Voghera». Il ragazzo sapeva qualche parola d’inglese e ha abbozzato una trattativa. Ha cercato di spiegare che doveva raggiungere Ventimiglia, probabilmente - qui è sempre il viso pallido che parla e grugnisce - per tentare la lotteria della frontiera verso un Paese che avrà molti difetti, tipo che agguanta i migranti e li riscarica da noi come rifiuti, ma non Salvini ministro dell’Interno per interposto Piantedosi.
Siccome sono un radical chic di quart’ordine (abbastanza radical, in effetti, ma vesto malissimo) ho messo mano alla carta di credito e… c’era già stato qualcuno più veloce di me: una ragazza che, mentre io ancora ticchettavo sul Mac le facezie da riversare su questo nobili pagine, si era avvicinata, aveva fatto domande, completando l’identikit del pericoloso invasore: poco più di vent’anni, sbarcato a Lampedusa su un barchino, portato in Sicilia e poi, in bus, a Milano. Quindi a Vicenza. Infine, lasciato libero con zero denari in tasca, nessun documento, una tessera della Croce Rossa con un numero di identificazione e la frase «Vai un po’ dove ti pare». Lui andava a Genova, contando sul passaggio di un connazionale verso la frontiera. Quando è saltato fuori che i reprobi erano tre, io e la ragazza ci siamo divisi la devastante spesa di 64.50 euro, tacitando la coscienza per qualche ora di fronte a qualcosa, qualcuno, che di solito rimuoviamo, che è più facile maneggiare sui social, che alla fine, comunque, non la senti anche tu questa voglia di aperitivo a corso Como?
L’esperienza però è stata educativa, confermativa: l’immigrazione, come viene gestita, la consegna di questi fantasmi a un futuro opaco, cosicché magari diventino ciò che già gli imputano di essere per questioni etniche, ché da fantasma cos’hai da perdere, è molto più che un’ipotesi. Tanto, se impazzisci e ti crivellano di colpi, i Crosetto e le Meloni rivendicano la pena di morte à la carte. Al netto delle ideologie falsamente securitarie, ché se sei bianco ti si regala l’illegalità “di necessità”, tutto è oggettivamente, realmente, plasticamente utilizzato come veicolo di consenso sulla pelle degli ultimi. Anzi: di conservazione del dissenso, scopo raccolta voti. Per far viaggiare, altro che Soros, la vera industria che governa il mondo: fatturare la paura. Miliardaria, dacché l’identità rancorosa di chi comanda e di chi comunica hanno convinto i penultimi che i nemici sono quelli che stanno peggio.
Migranti, sul barcone a Lanzarote la mamma con il neonato: le immagini che commuovono il mondo
Sempre ieri, poco prima, nella fase “bravehart” da tastiera che spesso attraversiamo noi buonisti frustrati, avevo ricondiviso un video del Tg3: un barcone, una donna, il suo neonato ancora attaccato al cordone ombelicale in mezzo a una trentina di disperati pigiati su loro stessi. Sotto, avevo raccolto commenti da mettersi a piangere dalla rabbia. Violenti, infami, disumani. Di quelli che sì, ci saranno anche bot russi pompati dall’algoritmo… ma anni di degrado informativo alla ci sono riusciti: la percentuale di italiani brava gente punta verso il centro della Terra. Presenti inclusi, sia chiaro. Così, ho fortificato nella prassi quello che penso da tempo: imperfetti, inevitabilmente collusi, autoassolutori. Ma facciamo un cazzo di qualcosa. Di concreto, intendo. È l’unico atto politico che ci è rimasto. La ragazza, l’ho scoperto dopo che i tre ragazzi erano scesi, ha un’idea proprio bella per mettere in contatto i senza diritti, senza nome, senza tutto, con un percorso di regolarità. Sa già come, dove, quando. Ma è diventato un progetto vero e proprio ieri sera, sul tardi, grazie a tre persone smagrite cui non possono bastare due spicci compassionevoli. Aveva gli occhi lucidi per la commozione e per la rabbia. Come una specie di sorriso. Sono sceso sorridendo pure io.