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Il corpo di Navalny e il peso della libertà

6 mesi fa 7
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Il corpo di Navalny, il peso metaforico del cadavere di chi dona la propria vita per un ideale e rimane a lungo ostaggio del potere contro cui si è battuto: da quando è morto il capo dell’opposizione al regime russo di Vladimir Putin, è stato scritto e detto molto sul ruolo simbolico delle spoglie di chi, sin dai tempi di Antigone, sfida i tiranni; seguendo passo dopo passo prima la restituzione della salma a Lyudmila (ché non si può negare a una madre di seppellire degnamente il proprio figlio), poi il ritorno del feretro a Mosca per un funerale decoroso e pubblico. Ciò che ancora non è stato sufficientemente detto, forse, è quanto il corpo morto di un singolo individuo possa trasformarsi in un luogo di lotta politica, coagulando attorno a sé il coraggio e la forza di tutti coloro che, in nome della democrazia, sono veramente pronti a sacrificarsi – com’è accaduto la settimana scorsa durante i funerali di Navalny. Che non voleva una cerimonia pubblica, esattamente come non ha mai cercato di strumentalizzare la propria sofferenza provando anzi, fino all’ultimo, a ironizzare sulla propria sorte. Ma che, alla fine, questa cerimonia l’ha avuta, spingendo tanti altri corpi a mettersi a nudo e a esporsi in nome della libertà.

Io che, come molte altre persone della mia generazione, sono nata e cresciuta in una democrazia, non so cosa significhi davvero non poter dire ad alta voce (né tantomeno scrivere) ciò che si pensa o si teme o si desidera o si combatte, e sono giorni che mi interrogo non solo e non tanto sulla sterilità di tante polemiche sulla dittatura del politicamente corretto, quanto sul valore profondo di tutti quei valori cui, talvolta, ci si assuefà, finendo con il dare per scontate cose che, di scontato, hanno ben poco, come la libertà, la dignità, l’uguaglianza, la solidarietà o i diritti umani – che sono poi i principi cardine di ogni democrazia. Ma che si tratti dell’Italia o della Francia, per citare i due Paesi dell’UE che conosco meglio, la tendenza generale è quella di sottovalutare l’importanza di questi valori, nonostante sia stato proprio nel loro nome che si siano battuti, talvolta a caro prezzo, i nostri nonni e le nostre nonne. Con il paradosso che a ricordarcelo, oggi, sono proprio coloro per i quali, questi stessi valori, sono tutt’altro che ovvi: coloro che sanno quanto fragili siano, e che però non esitano a scendere in strada e a mettersi in pericolo quando si tratta di difenderli.

All’epoca del “tutto si equivale”, è difficile dare il giusto peso alle cose, soprattutto a quelle importanti; ci si lascia abbindolare dalla propaganda e si fa fatica a distinguere ciò che è falso da ciò che è vero. Talvolta, ci si illude che le cose cadano dal cielo, e non ci rende conto che è facile perdere ciò che si ha, e che la libertà e la democrazia, purtroppo, non sono mai definitivamente acquisite. Ci vuole uno sguardo largo per capire che anche ciò che non ci tocca nell’immediato può avere pesanti conseguenze a medio o a lungo termine. E che difendere il proprio orticello – tanto che ci importa di ciò che accade al di fuori delle frontiere del nostro paese – non porta da nessuna parte, anzi, prima o poi rischiamo di essere noi i prossimi a veder calpestata la nostra libertà o a non essere più né riconosciuti né rispettati.

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