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Il flop della banda larga: “Più di un anno di ritardi”

7 mesi fa 32
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ROMA. Scarsità di manodopera e infiniti intoppi burocratici: per questo il piano per portare la banda ultra-larga nelle cosiddette aree bianche, dove i privati non investono perché per loro non è conveniente, segna il passo. Col risultato che circa 6-700 mila famiglie dovranno attendere la metà del 2025 per poter disporre di una connessione ultra-veloce (1 Giga al secondo) per accedere ai nuovi servizi web. Il ritardo rispetto ai piani iniziali che parlavano di settembre 2024, insomma, è quasi di un anno.

L’idea di coprire in 36 mesi da Aosta a Trapani tutte le aree «a fallimento di mercato» sin da subito era apparsa una grossa sfida ed i fatti - come ha segnalato ieri la Corte dei Conti - lo stanno dimostrando. Andavano infatti posati circa 90 mila chilometri di fibra e a fine febbraio Open Fiber era arrivata a 76.200 (85% del totale). Per questo la società controllata da Cassa depositi e prestiti (Cdp) che ha vinto le gare, a fine gennaio ha inviato un nuovo piano a Infratel, la società controllata da Invitalia e dal ministero delle Imprese e del Made in Italy che svolge il ruolo di soggetto attuatore del progetto.

Stando agli ultimi aggiornamenti, attualmente risulta completata o in via di completamento la copertura di sole sette regioni (Friuli-Venezia Giulia, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata e Sicilia), mentre le altre lo saranno solamente entro la metà 2025. E questo vale in particolare per Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Liguria, che di tutte (anche a causa di un contenzioso aperto dalla Regione) è quella più in ritardo.

I nuovi obiettivi prevedono di raggiungere entro fine anno una copertura pari al 90% dei 7.413 Comuni interessati rinviando poi alla metà del 2025 il completamento della quota residua. La Corte dei Conti con una delibera adottata a fine febbraio e resa nota ieri ha stigmatizzato il «sensibile ritardo» nella realizzazione delle infrastrutture digitali legate al Piano Banda Ultralarga (BUL), «con una dilatazione dei tempi medi delle fasi procedurali e uno spostamento in avanti della concreta attuazione rispetto alle scadenze originarie» e per questo ha chiesto al ministero delle Imprese di «porre in essere tutte le azioni necessarie a garantire che le attività residue vengano realizzate sulla base di un’efficiente pianificazione», «rafforzando i controlli al fine di intercettare tempestivamente eventuali scostamenti dal nuovo cronoprogramma in modo da porre in essere i necessari interventi correttivi».

Il Piano, specificala Corte dei Conti, finanziato prevalentemente coi fondi strutturali europei Fesr e Feasr e col fondo nazionale Fsc per un totale di circa 2,9 miliardi di euro, interessa in tutto 7.413 comuni italiani e 29.895 tra sedi della pubblica amministrazione e aree industriali ed un totale di 8,4 milioni di abitazioni (6,3 milioni collegate via fibra e 2,1 via wireless).

A fine 2023 - evidenzia la Corte - risultavano coperte in Ftth (fibra) circa 3,4 milioni di abitazioni (il 54% del target finale) e 18.616 tra sedi della Pa ed aree industriali (62%), oltre a 437.000 unità immobiliari in fase di collaudo (7%) e più di 2,2 milioni in fase di lavorazione (36%). Lievemente migliori i dati di Open Fiber che sommando fibra e wireless parla di 4,4 milioni di immobili collegati alla banda ultra-larga e quindi «vendibili» a fine 2023 (70% del target) diventati poi 4,54 milioni a febbraio 2024. I ritardi registrati finora – spiega la Corte dei Conti- sono stati governati con il ricorso all’istituto delle penali che, a fine 2023, risultano applicate per un importo complessivo di 54,6 milioni di euro: il 31,8% ha riguardato ritardi nella progettazione definitiva, il 43,3% quella esecutiva ed il restante 24,9% le attività di collaudo.

Essenzialmente due i motivi del ritardo del piano BUL: la carenza di forza lavoro, che ha inciso in particolare sugli interventi nelle regioni del Centro Nord, ed una grande complessità dell’iter autorizzativo. A rallentare il piano, ricorda il Mimit sul proprio sito, il ritardo nella concessione di permessi e autorizzazioni a livello locale. «I ritardi? Purtroppo lo sapevamo», ha dichiarato ieri il presidente dell’Unione delle comunità montane (Uncem), Mauro Bussone, puntando il dito contro «i mille vincoli e le resistenze mosse da Province, Città metropolitane, Anas, Rfi per attraversare le loro reti, che sono stati troppi e assurdi per cui i tempi sono esplosi». Non solo «ma nelle valli alpine e appenniniche, il piano non è mai stato condiviso coi sindaci, come Uncem aveva chiesto». Oltre a questo, dove la banda ultra larga è arrivata, denuncia Bussone, «i costi di abbonamento, per Comuni, scuole, municipi e biblioteche, tutti servizi che dovrebbero essere garantiti dallo Stato, sono raddoppiati rispetto al pre-BUL». Certamente, anche in questo caso, non un gran risultato.

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