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A meno di un anno dalla successione a sua madre, la regina Margrethe, che si è dimessa a Capodanno del 2023, re Frederik ha fatto una chiara dichiarazione di intenti per mantenere il controllo sul territorio autonomo danese ed ex colonia all'interno del regno di Danimarca. Come? Cambiando lo stemma reale.
Da 500 anni, i vessilli presentano tre corone, simbolo dell'Unione di Kalmar tra Danimarca, Norvegia e Svezia, guidata dalla Danimarca tra il 1397 e il 1523.
Nella versione aggiornata, però, le corone sono state rimosse e sostituite con un orso polare e un ariete, già presenti ma più evidenti rispetto al passato. I due animali simboleggiano rispettivamente la Groenlandia e le Isole Faroe.
La mossa arriva in un momento di crescente tensione sulla Groenlandia e sulle sue relazioni con la Danimarca, che continua a controllare la sua politica estera e di sicurezza. Il nuovo stemma, che viene utilizzato su documenti e sigilli ufficiali e i cui elementi risalgono al XII secolo, “rafforzano il rilievo del Commonwealth” e le tre corone sono state rimosse “perché non più rilevanti”.
La settimana scorsa, nel suo primo discorso di Capodanno, il re ha detto: «Siamo tutti uniti e ognuno di noi si impegna per il Regno di Danimarca. Dalla minoranza danese dello Schleswig meridionale - che si trova addirittura fuori dal regno - fino alla Groenlandia. Siamo uniti».
Il mese scorso il presidente americano entrante Trump ha ribadito di volere che gli Stati Uniti acquistino la Groenlandia e il primo ministro groenlandese, Múte Egede, nel suo discorso di Capodanno, ha accelerato le richieste di indipendenza della Groenlandia chiedendo di rimuovere le “catene dell'era coloniale” specificando però che il territorio non è in vendita.
Il figlio di Trump, Donald Trump Jr, ha annunciato martedì scorso che visiterà la Groenlandia, ha dichiarato un funzionario del governo locale a Reuters, aggiungendo che si tratterà di una visita privata e che registrerà del materiale per un podcast.
Ma la riconferma dell’interesse di Trump sulla Groenlandia sono arrivate oggi 7 gennaio, durante una conferenza stampa a Mar-a-Lago. Il prossimo presidente degli Stati Uniti non ha escluso l'uso della forza militare per un'eventuale annessione della Groenlandia e la riconquista di Panama. Secondo The Donald si tratterebbe di una questione di sicurezza nazionale e ha anche promesso dazi nei confronti della Danimarca inasprendo così le tensioni.
Donald Trump torna a minacciare Panama e Groenlandia: "Non garantisco che non useremo la forza"
Trump già nel 2019 aveva espresso la volontà di acquistare la Groenlandia convinto che l’«annessione della terra dei ghiacci» conferirebbe agli Usa la marcia in più nella corsa alla conquista del Polo rispetto alle inarrestabili Cina e Russia.
Perché Donald Trump vuole la Groenlandia
Gli interessi di Trump sulla Groenlandia vanno dall’estrazione delle ricchissime risorse naturali dell’isola, attualmente messe al bando da Joe Biden, al controllo militare. Grazie a un trattato tra Usa e Danimarca, la Groenlandia, che geograficamente fa parte del Nord America, è già sotto l’influenza americana: lì si trova la base militare Usa più a Nord, Thule Air Base, a soli 1.200 chilometri dal Circolo polare, dedicata soprattutto alla sorveglianza. Ma per Trump, che di compravendita di lotti e immobili se ne intende, non basta: la sua idea è di acquistarla per allargare la sfera d’influenza militare e allo stesso tempo passare alla storia come il presidente che ha esteso a Nord il territorio degli Stati Uniti.
Non è la prima volta che gli Usa provano a comprare la Groenlandia. Ci aveva già provato Harry Truman nel 1946 offrendo 100 milioni di dollari in lingotti d’oro al governo di Copenaghen. Era la genesi della Guerra fredda e il 33° presidente degli Stati Uniti sapeva bene che avere il controllo della Groenlandia gli avrebbe dato un vantaggio strategico nei confronti dell’Unione Sovietica.