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Fabrizio Biasin 25 settembre 2024
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La corsa (già ampiamente iniziata!) a voler far passare Thiago Motta come un altro Pirlo, un nuovo pirla, un vecchio Allegri «ma peggio» o altro, andrebbe studiata. Anzi no, è chiarissima e ve la spieghiamo. Il nuovo tecnico della Juve è arrivato da una manciata di settimane e sta facendo cose più che buone: zero gol subiti in campionato dai bianconeri nelle prime cinque partite, successo “grasso” contro il Psv all’esordio in Champions League. Mica pizza e fichi. E, però, anche tris di 0-0 uno in fila all’altro che - figurati... - hanno regalato ai detrattori materiale in abbondanza per inzuppare il biscottone nel vaso della melma e in quello dei paragoni scomodi. «A questo punto tanto valeva tenersi Allegri» e «La squadra di Motta non segna neanche con le mani» sono alcuni degli slogan più frequenti. Il paragone con Max è certamente il più ricorrente, come se avesse chissà quale importanza mettere a confronto la resa di un grande allenatore transitato in bianconero 8 anni (5 + 3) con quella di un novello mister in sella da appena sei partite complessive.
Eppure c’è chi lo fa e il motivo è presto detto: far passare per fesso l’ultimo arrivato per dare sostanza al suo predecessore. Allegri nella sua seconda esperienza in terra sabauda ha portato i punti necessari a disputare la Champions oltre a un’ottima Coppa Italia e, infatti, non se n’è andato tra le pernacchie della gente, tutt’altro. E però che senso ha paragonarlo con l’ex allenatore del Bologna? Nessuno. Motta ha iniziato da pochissimo il suo percorso ma in un mese ha già fatto intendere cosa pretende dai suoi ragazzi: applicazione totale in settimana pena l’esclusione (puoi chiamarti Douglas Luiz e costare 50 milioni ma se non corri resti a guardare), resa massima in campo pena l’esclusione (puoi chiamarti Vlahovic ma se non tocchi palla finisci sotto la doccia al 45’), meritocrazia totale (puoi essere vecchio o giovane, puoi chiamarti Danilo o Savona, l’importante è che tu sia funzionale al progetto). Questa cosa sta conquistando parte del pubblico (la maggioranza) e disturbando i puristi, quelli che «ma chi si crede di essere costui? Vuol far giocare i più forti e stop?». I pareggi con Empoli, Roma e Napoli hanno moltiplicato i borbottii ma per contrastarli, Motta, ha sfoderato la sua arma segreta: il menefreghismo, si fa come dice lui e pazienza se i critici criticano e gli opinionisti sdottoreggiano.
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Sapete che c’è? Fa benissimo. Pensare di poter giudicare il lavoro di un allenatore con ancora la garanzia è pratica barbara e comune, il dato di fatto è che ci troviamo di fronte a un tizio che in attesa di far funzionare la fase offensiva, ha dato ai suoi una solidità difensiva che, da sempre, è condizione necessaria per puntare a vincere. Dice il precisino: «Anche Allegri non prendeva gol» ed è vero, ma un conto è farlo pensando che il “primo non prenderle” sia la Stella Polare della propria idea di calcio, altra cosa e riuscirci pensando di “fare gioco”, cosa riuscita benissimo al Bologna di Ferguson e Zirkzee (tra gli altri). Ecco, Zirkzee. Se proprio dobbiamo trovare una pecca nella costruzione della rosa bianconera è quella relativa alla scelta dei rinforzi: da Koopmeiners in giù sono tanti e potenzialmente validissimi ma, in attesa di rivedere Milik tra i disponibili (ci vorrà ancora qualche settimana), ci si è dimenticati di offrire al tecnico un’alternativa a Vlahovic che è sì forte, ma quanto a caratteristiche non c’entra una fava con Joshua l’olandese. In attesa che Motta s’inventi qualcosa (Nico Gonzalez falso nove? ) tenetevi pronti: il fetentissimo giuoco dei paragoni tra passato e presente è appena incominciato.