ARTICLE AD BOX
Quattro ex presidenti, due democratici e due repubblicani, seduti gomito a gomito, hanno per un’ora interpretato quell’America che Jimmy Carter aveva sognato. Un’America che dialoga, che supera le divisioni e costruisce insieme. Un’America che sembra allontanarsi come la bara dell’ex presidente coperta dalla bandiera a stelle e strisce che si è avviata verso la sepoltura finale. Si è concluso così il periodo di lutto per la morte di Jimmy Carter, la cui bara era partita dalla sua cittadina natia di Plains, in Georgia, e lì tornata dopo essere stata onorata con cerimonie civili sia nel Campidoglio di Atlanta che di Washington, e infine con la cerimonia religiosa nella Cattedrale Nazionale della capitale.
Trump: «Non escludo la forza per Groenlandia e Panama. Hamas rilasci gli ostaggi o sarà l'inferno»
La solenne cerimonia ha visto la partecipazione di figure politiche di spicco, e di tutti i familiari dell’ex presidente. Nelle prime file Donald Trump, Barack Obama, George Bush e Bill Clinton, tutti accompagnati dalle rispettive consorti, tranne Obama che è stato visto però scambiare qualche parola con Trump in tono decisamente amichevole. Presenti anche la vicepresidente Kamala Harris, e dignitari internazionali come il primo ministro canadese Justin Trudeau e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Vari amici e parenti dell’ex presidente hanno portato la loro testimonianza, ricordando per esempio l’impegno di Carter per l’ambiente e per i diritti civili. Il suo consigliere per la politica interna, Stuart Eizenstat, ha elencato alcuni dei maggiori risultati della sua presidenza, tra cui il trattato di pace tra Israele ed Egitto e la difesa dei diritti umani in tutto il mondo come mezzo per promuovere la libertà nei Paesi comunisti come l’Unione Sovietica: «Questo presidente del profondo Sud ha difeso i diritti civili, nominando più persone di colore e donne a posizioni dirigenziali e giudiziarie di tutti i precedenti 38 presidenti messi insieme - ha detto -. E possiamo ringraziarlo per le leggi sull’etica nel governo che ancora oggi sono di fondamentale importanza». E’ stato il presidente Joe Biden a pronunciare l'elogio funebre finale, in cui ha ricordato Carter come «uomo di fede e integrità», il cui operato ha lasciato «un’impronta indelebile nella storia americana». Biden ha insistito molto sul «carattere» di Carter: «La forza del carattere – ha sostenuto - è più importante del titolo o del potere che deteniamo». E ha concluso: «Che Dio benedica un grande americano, un buon amico e un grande uomo».
Carter si è spento all’età di cento anni nella sua casa di Plains, lo scorso 29 dicembre. Era stato presidente dal 1977 al 1981, durante una stagione di grandi turbolenze, in cui dovette affrontare immense sfide come la crisi energetica, lo scontro con l’Unione Sovietica che aveva invaso l’Afghanistan e la crisi degli ostaggi nell’ambasciata statunitense a Teheran. Ad affossarlo e a sconfiggerlo alle urne per la rielezione furono motivi molto simili a quelli che hanno portato alla sconfitta di Kamala Harris, per la quale aveva detto di aver votato lo scorso novembre: un generale malcontento per l’inflazione e i costi crescenti della benzina. Nel novembre del 1980 Carter perse davanti alle promesse di successo e al messaggio di ottimismo dello sfidante Ronald Reagan.