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La crisi della Germania? Per RBC BlueBay AM nel lungo periodo Berlino può ancora sorprendere

6 mesi fa 5
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L'ambizione della Cina di diventare il più grande esportatore di automobili al mondo, utilizzando la sua imponente quantità di manodopera a basso costo, sussidi fiscali e bassi ostacoli normativi, è diventata realtà dal 2009. Quell'anno, la sua quota di produzione automobilistica globale è aumentata al 25% e da allora è cresciuta fino a quasi il 35%. Durante questo periodo la quota della Germania si è dimezzata, dal 10% all'attuale 5%.

LA GUERRA COMMERCIALE PROMOSSA DAGLI USA
Nello stesso orizzonte temporale, gli Stati Uniti hanno iniziato a sostenere la crescita e la competitività attraverso stimoli fiscali su larga scala, al punto di raddoppiare il rapporto debito/PIL. Hanno anche cercato di ostacolare il motore della crescita cinese aumentando le tariffe e le barriere commerciali, non solo contro i produttori cinesi ma anche contro quelli europei. “Questa politica fiscale mirata ha avuto un discreto successo: alcuni grandi marchi con sede negli Stati Uniti nel mercato dei veicoli elettrici con ogni probabilità sarebbero molto meno redditizi senza il sostegno ricevuto dal governo” fa sapere Kaspar Hense, BlueBay Senior Portfolio Manager, Investment Grade di RBC BlueBay Asset Management.

PANDEMIA E GUERRA IN UCRAINA
L'effetto combinato della pandemia e dell'attacco russo all'Ucraina ha interrotto le catene di approvvigionamento globali e creato una guerra economica contro l'Europa tagliando le esportazioni di gas: a quel punto le aspettative del mercato propendevano per la fine del motore di crescita tedesco. Da allora, soprattutto nel 2023, la Germania ha perso terreno rispetto ai suoi omologhi globali: è particolarmente significativo che negli ultimi dieci anni gli Stati Uniti abbiano superato la Germania di quasi l'1%.

PRODUTTIVITÀ PRO CAPITE A FAVORE DI BERLINO
Tuttavia, tiene a sottolineare Hense, guardando la questione dal punto di vista della produttività pro capite, si può affermare il contrario. “È vero che i tedeschi hanno più ferie degli americani e che quindi lavorano un po' meno. Nonostante i flussi di immigrazione, a differenza degli Stati Uniti, hanno anche un tasso di natalità più basso. Ma il tasso di disoccupazione complessivo è ancora inferiore a quello degli Stati Uniti: con dati comparabili è solo del 3%” riferisce il Senior Portfolio Manager.

IL RAPPORTO DEBITO /PIL IN GERMANIA È SCESO
Negli ultimi due anni, la Germania ha integrato nel suo mercato del lavoro più di due milioni di persone provenienti dall'Ucraina e prima ancora ha assistito a un'enorme ondata di immigrati siriani. E lo ha fatto senza alcun sostegno fiscale. Infatti, nonostante questo significativo flusso di nuovi lavoratori, il rapporto debito/PIL della Germania è sceso dal 70% al 65%, in netta controtendenza con la maggior parte degli altri paesi.

LO SLANCIO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA
“Certo non si può definire oggi la Germania come vincitrice. È difficile individuare un settore in crescita che possa sostituire il motore delle esportazioni. Ma c'è una transizione energetica in corso con ingenti investimenti promossi anche con l'aiuto di un'agenda europea sulla sicurezza energetica. Inoltre, il Paese sconta un minore drenaggio fiscale da parte di un ministro delle finanze liberale. Se poi si considera un quadro di crescita esterna più positivo o un rafforzamento del mercato europeo rispetto ai concorrenti globali, la Germania, e l'Europa nel suo insieme, si trovano in una posizione molto più forte rispetto al consenso di mercato” conclude il Senior Portfolio Manager, Investment Grade di RBC BlueBay AM.

Contenuto a cura di Financialounge.com

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