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ROMA. Sostegno all’Ucraina ma senza entrare in guerra con la Russia, perché occorre disinnescare i rischi di escalation. È così che la politica, da destra a sinistra, boccia la proposta ventilata da Emmanuel Macron di iniziare a ragionare sull’invio di truppe della Nato. Il governo non ha apprezzato il vertice a tre che a Berlino ha riunito il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese e il primo ministro polacco Donald Tusk. Il ministro della Difesa Guido Crosetto attacca: «Il vertice europeo si fa con 27 Paesi, trovarsi in tre rompe soltanto il fronte.
Facciamo decine di riunioni al mese, siamo compatti sulla posizione in Ucraina, non capisco perché per motivi interni qualche Paese debba sembrare più attivo di altri». Crosetto, intervistato dal Tg1, esclude l’invio di militari dell’alleanza atlantica: «La Nato non decide quando Macron ha un’idea, ma quando si trovano tutti i Paesi e insieme prendono una decisione. L’Italia ha detto fin dall’inizio che mandare le truppe in Ucraina significa fare un passo ulteriore verso una via di non ritorno. In questo momento noi vorremmo arrivare a una pace giusta, non sicuramente a una guerra che coinvolga più Paesi».
Ancora più duro Matteo Salvini, che prova a rilanciare una linea pacifista che ha un sapore molto elettorale. A Macron che invita l’Europa a prepararsi alla guerra, il segretario del Carroccio risponde: «No, dobbiamo ricostruire la pace. La Lega farà di tutto perché il 2024 sia un anno di pace, non se ne può più di guerre. Mi fanno paura i leader che invece di parlare di pace, parlano di invasioni, eserciti e guerre». Salvini, nel corso di un evento a Milano con i giovani del partito, non cita mai le responsabilità di Putin e alza i toni nei confronti degli alleati di governo, rei di non opporsi alle «eurofollie» e di coltivare un «inciucio» a Bruxelles per ottenere la rielezione di Ursula von der Leyen.
Su una linea più atlantista Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e cognato della premier Giorgia Meloni, che teme per la sicurezza di tutta l’Europa: «Qualsiasi cosa dica Putin desta allarme democratico», sottolinea. «Credo che l’Occidente debba fare il possibile per salvaguardare l’Ucraina – continua Lollobrigida – perché lì non c’è una partita che riguarda solo gli ucraini, come qualcuno tenta di propagandare, ma il futuro di tutti noi. Non può passare il principio che chi è più forte possa decidere in casa di altri». Tra gli azzurri, il sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego, ribadisce la posizione espressa dal suo leader Antonio Tajani. «La nostra priorità è scongiurare una escalation», spiega Perego: «È necessario continuare a sostenere la difesa dell’Ucraina, fornendo sistemi di difesa all’esercito e alle forze armate. Al tempo stesso dobbiamo impedire che il conflitto passi da regionale ad un conflitto di larga scala, per questo l’opzione di inviare truppe nel Paese non è sul tavolo».
L’opposizione va in ordine sparso. Elly Schlein rivendica «le parole chiare» dette dal Pse: «Sarebbe un errore imperdonabile partecipare direttamente mandando truppe sul suolo ucraino. Continuiamo a confermare il nostro supporto al popolo invaso – ricorda la segretaria del Pd – e al contempo pretendiamo un ruolo politico europeo che crei le condizioni per far cessare quel conflitto e per costruire una pace giusta alle condizioni che saranno proprio gli ucraini a stabilire». Matteo Renzi accusa la presidente del Consiglio per l’assenza al vertice di Berlino: «Cara Meloni, fatti sentire, perché l’Italia rischia di essere isolata ed esclusa. Serve la nostra voce nei tavoli che contano e oggi non ci siamo. Purtroppo».
Secondo Giuseppe Conte, la strategia militare «sta portando ad una escalation che avevamo previsto e denunciato, perché era necessario investire in sforzi diplomatici nel cercare comunque un dialogo per quanto difficile e quindi un negoziato di pace». Il leader del M5s parla di «fallimento, perché non si è investito in questa direzione» e del rischio di «una terza guerra mondiale ormai alle porte».