Antonio Laudati rivendica che "mai" ha "costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi". E soprattutto rivendica di avere delegato quelle attività che ora gli vengono contestate dai pm di Perugia "sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia". Che all'epoca era Federico Cafiero de Raho, ora deputato del Movimento 5 stelle e vicepresidente in carica della commissione parlamentare antimafia.
Una difesa che Laudati - magistrato campano in forza alla Direzione nazionale antimafia - ha messo nero su bianco in una nota autografa diffusa dal suo difensore una volta uscito dalla procura di Perugia, dove invece il pm non si è presentato facendo recapitare al procuratore Raffaele Cantone un atto tecnico con la decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere.
E dopo queste dichiarazioni torna al centro delle polemiche il ruolo di Cafiero de Raho all'interno della commissione antimafia, che viene messo in discussione da altri membri che la compongono, in primis dall'altro vicepresidente, il forzista Mauro D'Attis, il quale ribadisce: "emerge con estrema chiarezza e urgenza l'opportunità che de Raho si astenga dalle attività della commissione per consentirne il sereno svolgimento delle attività. Questa è un'esigenza in cui la politica non c'entra affatto".
Nei giorni scorsi un altro membro, Raffaella Paita di Italia Viva, aveva chiesto che de Raho fosse audito all'interno della sua stessa commissione ma dopo un sondaggio informale con i presidenti di Camera e Senato era emerso che ciò non sarebbe possibile, come sancito anni fa da un precedente in un'altra commissione.
Ma le parole di Laudati in queste ore infiammano nuovamente il dibattito. Il pm è coinvolto nell'indagine sui presunti dossieraggi quale sostituto alla Procura nazionale antimafia e, ormai ex, coordinatore del gruppo Segnalazioni operazioni sospette (Sos) comandato dal tenente della guardia di finanza Pasquale Striano, accusato di migliaia di accessi abusivi alle banche dati riservate. Che nei casi in concorso con il magistrato, secondo l'ipotesi della procura perugina, sarebbero stati finalizzati a creare richieste di apertura di dossier pre-investigativi per i quali sono stati contestati l'accesso abusivo, il falso e abuso d'ufficio.
"Nei casi contestati nell'invito a comparire, mi sono limitato a delegare al gruppo Sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo" è la difesa di Laudati. Significa che De Raho era a conoscenza di quel che avveniva? "Il procuratore capo - ha risposto ai giornalisti il suo difensore, l'avvocato Andrea Castaldo - conosce nel senso che è il momento terminale di una serie d'attività d'impulso che poi vengono trasmesse alle procure competenti". In ogni caso, sottolinea ancora Laudati nella nota inviata a Cantone, "tutti gli accertamenti erano determinati da esigenze investigative, nell'esclusivo interesse dell'ufficio e riguardano persone da me non conosciute e rispetto alle quali non avevo alcun interesse personale né alcun intento di danneggiarle".
Laudati mette le mani avanti anche per quanto fatto da Striano: "non rientrava tra i miei compiti di sostituto procuratore quello di controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né quello di verificare gli accessi alla banca dati". Che lui non ha "mai effettuato", ribadisce. Così come "non ho mai avuto alcun rapporto, neppure di conoscenza, con i giornalisti che risultano indagati e non ho mai costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi".
Perché allora avvalersi della facoltà di non rispondere?. "Dopo la massiccia ed incontrollata diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio, ritengo che non sussistano, al momento, le condizioni per lo svolgimento dell'interrogatorio, peraltro ampiamente preannunciato dalla stampa, per esercitare concretamente il diritto di difesa e per fornire un contributo alla ricostruzione dei fatti" ha spiegato il magistrato. Che è "molto provato" e si trova "in un momento particolare della sua carriera e della sua vita" secondo il suo legale. L'avvocato Castaldo ha comunque spiegato che il suo assistito ha deciso di "non presentarsi per evitare il clamore mediatico". "Non c'è alcuna via di fuga - ha detto ancora -, non c'è alcuna dietrologia e al momento opportuno quando avremo finalmente accesso agli atti e li conosceremo potremo dare la nostra versione limpida e chiara per quanto riguarda la correttezza del suo operato".
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