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Leonardo Pieraccioni: «A 60 anni non ho più l?ansia da prestazione. Dopo la fine con Laura Torrisi non ho fatto sesso per 3 anni e mezzo»

11 ore fa 1
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L'ultima volta che Leonardo Pieraccioni si era fatto dirigere come attore, per Il mio West di un amico come Giovanni Veronesi, era il 1998. Dopo tutti questi anni ci ha riprovato e il risultato è nelle sale dal 19 dicembre: Io e te dobbiamo parlare, film di Alessandro Siani che, oltre ad aver curato la regia, l'ha interpretato assieme a lui. Il primo giorno la commedia della nuova coppia ha incassato 193.667 euro, che per l'aria che tira è sicuramente una buona partenza.
 

Com'è stato essere diretto dopo tanti anni?
«Bello. Mi sono sentito come un neonato coccolato da mamma e nonna. In una roulotte climatizzata, sdraiato senza far nulla, ogni tanto veniva qualcuno per chiedermi se avessi bisogno di qualcosa». 
 

Ci sono ancora questi lussi?
«Figurati. Parlo di caffè, latte, qualche biscottino... Niente di più».
 

A Siani ha dato qualche dritta?
«Per carità. Da attore e basta è come essere in vacanza. Il regista, invece, sul set se la passa come un amministratore di condominio in riunione: deve dar retta a tutti. La speranza, comunque, è sempre la stessa: far ridere. Alla fine è tutto lì».
 

Il 17 febbraio compie 60 anni: che cosa c'è voluto per arrivarci?
«Non lo so. Tutto è successo così velocemente: mi sembra ieri il debutto a 29 anni, due ore fa la nascita di mia figlia, che ora ogni tanto si trucca... Sembra tutto incredibile, poi mi guardo allo specchio...».
 

A parte quello, cosa è cambiato?
«Fino a poco tempo fa non avrei mai preso in considerazione di fare un film diretto da altri: facevo le mie cose e andava bene così. Devo dire che è stata la mia fidanzata (Teresa Magni, 43 anni, ndr), quando ha letto il soggetto, a dirmi che faceva ridere. “Mi piacerebbe tanto vederti imbranato...”, ha detto».

Fin qui la cosa che le è venuta meglio qual è? 
«Arrivarci. Troppi amici sono morti in questi anni. Per cui, visto che sono stato tanto fortunato, ho capito che dovevo smetterla con l'ansia da prestazione e fregarmene: quello che succede succede, va bene tutto. Bisogna solo divertirsi».
 

Il distacco del sessantenne?
«Ma sì, sono più tranquillo». 
 

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Cosa la spaventa a questa età?
«Il rincoglionimento sommato alla mia distrazione cronica. Mi perdo sempre nei miei pensieri, anche in macchina. Posso finire ovunque».
 

Rimpianti ne ha?
«Mah. Soggetti tristi li ho anche scritti, ma ho il patentino del comico, meglio non essersi mai lanciati in certi territori: il comico che fa il drammatico può essere banale».
 

Diego Abatantuono nel 1986 fece benissimo “Regalo di Natale” di Pupi Avati, film che gli cambiò – in meglio - la carriera. E la vita.
«Ben vengano, allora, offerte così».
 

Quindi se un regista le proponesse un ruolo drammatico lo farebbe? Non sarebbe banale?
«Mettiamola così: non credo che ne sarei tanto capace, ma perché no?».
 

In questi anni mai nessuno le ha offerto un ruolo simile?
«Mi è capitato una volta, circa 15 anni fa. Francesca Archibugi mi disse che aveva una storia perfetta per me. E se non avessi accettato non l’avrebbe girato. Pensai subito: chiamerà Stefano Accorsi e le passerà il dolore. Non l’ha mai fatto il film».
 

Va bene, ma perché rifiutò?
«Per il demone della comicità. La battuta scema prima o poi mi sarebbe scappata: per non farla avrei dovuto soffrire. Lei mi capì».
 

Se ripensa a tutto quello che le è capitato si sente più un miracolato o un incosciente?
«Metà e metà. È tipico degli incoscienti andare incontro ai miracoli. Per riuscirci bisogna avere il mix giusto: 40 per cento di talento e 60 di carattere. Io ho avuto anche la gigantesca fortuna di incontrare Rita Rusic e Vittorio Cecchi Gori, che volevano dare voce ai nuovi autori. Per me lei è stata come la Fata dai capelli turchini per Pinocchio». 
 

Ha saputo ringraziarli?
«Penso di sì. A trent'anni l'ho fatto ogni volta che ho potuto. Sul tema, invece, mi fanno ridere quegli attori che ho coinvolto in qualche film, non sono andati bene, e per loro la colpa è mia che li ho chiamati».
 

Di chi parla?
«Non si dice. E per fortuna non è successo tante volte».
 

A Rita Rusic il regalo di Natale lo fa tutti gli anni o no?
«La vita ci ha portati altrove. Però ogni volta che la incontro abbiamo sempre quella scintilla negli occhi di chi si è trovato, ha fatto tanto, e si è divertito tantissimo. Rita è piena di idee, e magari un giorno...».
 

Deve emanciparsi da qualcosa?
«Come diceva Battiato solo dall'incubo delle passioni. Riuscirci».
 

Il successo dei suoi film comici la critica gliel'ha perdonato?
«Di quello non mi è mai fregato. Meglio le sale piene e la gente contenta o un pernacchio dei critici? Una volta ne parlai con Rocco Papaleo che mi guardò come un marziano: “E me lo chiedi?”. La penso come lui. Conta solo il pubblico. Mi sono dispiaciuto quando a volte sembrava che qualche produttore con me avrebbe potuto rimetterci soldi, ma alla fine non è mai successo».
 

Imbarazzo che vuol dire per lei?
«Ricordi terribili. Tipo quando andavo a fare gli spettacolini in discoteca. Si interrompeva la musica e all'improvviso arrivavo io e dovevo tenere la scena. Ogni volta una battaglia. A me e Carlo Conti una volta ci presero per un evento chiamato Tuscany Convention. Io salgo sulla pedana e nessuno ride. Subito con lo sguardo cerco Carlo dietro le quinte e lui mi fa: “Sono tedeschi, tranquillo”. Io con una specie di alfabeto Morse gli dico che me ne andavo. Lui entra e sottovoce mi dice che se non avessimo fatto almeno 15 minuti non ci avrebbero pagati. Così sono andato avanti. Era la gavetta. Bella e fondamentale».
 

Fra i cantanti di Conti per Sanremo quanti non ha mai sentito? 
«Su trenta, almeno sei-sette non so chi siano. A me piacciono Lucio Corsi e Brunori Sas».
 

Che ne pensa dell'esclusione di Tony Effe dal concertone del Capodanno romano? 
«Bastava sentire una canzone. Mia figlia Martina è una sua fan. Detto questo, c'è la liberta d'espressione». 
 

Con Panariello andrà al Festival?
«Non so se Giorgio, che ha uno spettacolo nuovo, farà un salto. Io assolutamente no anche perché a Sanremo se fai una figuretta per un anno e mezzo diventi il metro di paragone. Già vedo tutto: ricordate quando Pieraccioni andò lì e sbagliò?».
 

Con un po' di perfidia toscana ogni tanto prende in giro Panariello che alla guida di Sanremo nel 2006 fece un mezzo flop?
«No». 
 

Una ferita ancora aperta?
«Non lo so. Lo prendiamo in giro perché in uno show tv di pochi anni fa, dopo che era uscito un suo libro, gli chiesero il titolo e lui non seppe rispondere. L'unico al mondo».
 

Il meglio deve ancora venire o il più è fatto?
«Non bisogna pensarci e ripetersi un grande e caloroso “'’Sti cazzi”».
 

In passato ha detto che dopo la fine della storia d'amore con Laura Torrisi, madre di sua figlia Martina, per tre anni non ha fatto sesso: è vero o è una balla buona per i social?
«Verissimo. Per la precisione tre anni e mezzo». 
 

Natale con chi lo fa: amici, parenti, tutti insieme?
«Con la mia mamma. E per fortuna da tempo abbiamo anche smesso di regalarci calzini e sciarpette».
 

Crede in Dio o no?
«Qualora dovesse veramente esserci sono pronto a buttarmi in ginocchio, da vero saltimbanco, e dirgli, anche se lui non ci crederà perché onnipotente, che non ho mai dubitato di Lui. Dopo un po’ di Purgatorio dovrei sfangarla».
 

Dopo Alessandro Siani con chi vorrebbe fare coppia al cinema?
«Con tutti quelli che si vogliono divertire e non si prendono sul serio. Lo dico perché ci sono colleghi che dopo mezzo successo iniziano a parlare con il birignao». 
 

A chi ringrazia per primo?
«A quelli che da anni mi dicono di aver dimenticato per un'ora e mezzo tutte le paturnie con un mio film. A Raffaella Carrà che nel 1991 mi fece partecipare al concorso “Conduttore del 2000” di Fantastico 12 interrompendo una serie infinita di provini andati male. E poi all’amico Carlo Conti, che mi ha sempre detto di star buono quando a trent'anni mi disperavo perché le mie storie d'amore non andavano mai bene».
 

La frase che oggi la definisce?
«Non lo so. Tempo fa avevo preparato quella per la lapide: “Da oggi esco solo in dvd”. Ma ormai non si usano più».

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