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Meloni, cosa ha detto oggi? Dal no a Salvini Trump e Musk, ecco la fase due (che guarda a Washington)

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Una parola chiave, quasi una goccia cinese che ticchetta per tre ore di conferenza stampa: Musk. Cioè Elon Musk che, assicura Giorgia Meloni alle prese con la tradizionale maratona di domande con i cronisti, non ha avuto un ruolo nella vicenda di Cecilia Sala, "e se lo ha avuto non ne sono al corrente", con cui non ha mai parlato del progetto Starlink in Italia. Può dire quello che pensa e vuole sul mondo a suon di tweet, il patron di X e Tesla, magari senza chiamare pedofilo il premier inglese Starmer, "quelle parole non le condivido". E poi ancora: il no al rimpasto e la messa in mora di Matteo Salvini: il suo approdo al Viminale "non è all'ordine del giorno". Ma soprattutto la commozione per quella chiamata con Elisabetta Vernoni, la mamma di Cecilia Sala, quando ha potuto dire finalmente: "La portiamo a casa", "non ho mai provato un'emozione più grande". È un fiume in piena la presidente del Consiglio.

Melon: Musk non è un pericolo per la democrazia, pericolosa l'ingerenza di Soros

Indagini e teoremi

Giacca bianca, volto disteso per il successo dell'operazione Sala, frutto di una "triangolazione diplomatica con l'Iran e gli Stati Uniti" anche se la premier non svela i dettagli della trattativa, "una questione di intelligence" né sul destino dell'iraniano Mohammed Abedini, "una vicenda complessa" al vaglio "degli organi competenti", cioè nelle mani del Guardasigilli Carlo Nordio. La serenità sembra svanire nel nulla, qui e lì, quando il presidente dell'Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli chiede più occasioni di confronto con la stampa. O quando ancora si chiama in causa Arianna Meloni, la sorella maggiore della real casa, consigliera fidatissima ai vertici del partito, che una tesi accreditata a Palazzo Chigi questa estate raccontava nel mirino di un'indagine giudiziaria, mai confermata. "Mai parlato di complotto", dirà Meloni, "penso però ci possa essere l'idea, non della magistratura, di qualcuno, di gettare fango", torna la premier su un grande refrain di questa legislatura.

L'assedio, la sensazione di un pezzo di potere - senza nome, per ora - che rema contro questo governo. Ma la chiave della maratona giornalistica della premier è tutta internazionale.

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Il pendolo americano

Trump-Musk. Oscilla qui in mezzo il pendolo della Meloni-diplomacy in questa fase. Fra i dioscuri della nuova era americana. Il presidente a un passo dalla Casa Bianca - Meloni sarà o no all'Inauguration day del 20 gennaio? L'intenzione c'è, ma è restata cauta in conferenza stampa - e l'uomo più ricco del mondo deciso a usare la piattaforma X come una clava contro i rivali politici, vedi Starmer, e un trampolino per chi gli è ideologicamente più vicino, come l'ultradestra tedesca di Afd. Sei, sette domande alla premier sono tutte su di lui, il patron di Tesla e Space X. Un tamburellio che sale e fa irritare la presidente del Consiglio - "ancora Musk??" - ma fotografa un rapporto personale che si è fatto politico, con il guru tech pronto a entrare nella nuova amministrazione americana.

Meloni tentenna. Da un lato raffredda la narrazione di un filo diretto tra Palazzo Chigi ed Austin, quartier generale del colosso spaziale di Musk. Il contratto Starlink? "Non c'è nulla di firmato". Il ruolo di Musk nella trattativa con l'Iran? "Non mi risulta". Dall'altro però difende il diritto di Musk a dire la sua sul mondo, sia pure varcando la linea del politically correct, e chiama in causa il grande nemico della destra-destra italiana ed europea, George Soros, miliardario e proprietario della fondazione Open Society. Da tempo c'è chi, a Palazzo Chigi, consiglia alla premier prudenza con Musk.

Oggi il migliore amico di Trump. Domani chissà. In America già si rincorrono i retroscena su un rapporto non privo di spine. E il Tycoon che in privato si sfoga, sbuffa per l'onnipresenza del magnate sudafricano, ingombrante e al centro dei riflettori come e più di lui. L'intervista di Steve Bannon, apologo del trumpismo della prima ora e del movimento Maga, rilasciata al Corriere, con le accuse durissime a Musk e la promessa di "tenerlo lontano dalla Casa Bianca" è la spia di un dibattito aperto e acceso dentro alla cerchia trumpiana.

Meloni in conferenza stampa: «Salvini agli Interni? Ora nessun rimpasto»

Trump e il ponte europeo

Sarà per questo che è con lui, il nuovo presidente Usa, che Meloni cerca davvero un filo diretto. Il blitz a Mar-a-Lago certo era mosso dall'esigenza di un via libera sul caso Sala e alla liberazione dell'iraniano Abedini, chiave di volta per scarcerare la reporter a Teheran. Ma era pianificato da tempo, su invito di Trump in persona, ed è servito a presidiare un rapporto con il capo dei Repubblicani che cerca, finora senza riuscirci davvero, il leader della Lega Matteo Salvini.

Nella conferenza-fiume la premier conservatrice si erge a traduttrice e interprete autentica del verbo Trump in Europa. A costo di smorzare, smussare gli angoli più appuntiti dell'irruento e imprevedile quarantasettesimo presidente americano. Trump minaccia di annettere con la forza la Groenlandia, l'avamposto danese nell'Atlantico? Ma no, spiega Meloni in versione interprete, "è un modo energico per dire che gli Stati Uniti non rimarranno a guardare di fronte alla previsione che altri grandi player globali muovono in zone che sono di interesse strategico per gli Stati Uniti, ma aggiungo io per l'Occidente".

Trump minaccia dazi stellari sui prodotti europei? "Proteggeremo il nostro sistema". E ancora lui sarà l'uomo che concederà a Putin i territori occupati in Ucraina, con buona pace di Zelensky (a Palazzo Chigi questa sera proprio per chiedere l'intercessione meloniana con Trump)? "Francamente non vedo un suo disimpegno in Ucraina".

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