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Meloni ora cerca la sponda di Biden, ma Farnesina e Difesa si ritrovano divise

10 mesi fa 45
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ROMA. Il vertice di venerdì a Berlino sul dossier Ucraina, organizzato nel formato del “Triangolo di Weimar”, tra Polonia, Germania e Francia, ha lasciato un certo senso di inquietudine all’interno del governo italiano. La premier Giorgia Meloni è rimasta silenziosa, prima di partire per Il Cairo. E anche se avrebbe preferito un coinvolgimento più ampio su questioni delicate come l’ipotesi di inviare truppe Nato a Kiev, davanti alla quale l’Italia ha già fatto sentire la sua ferma contrarietà, sa bene che in fondo - come spiega una fonte diplomatica vicina a palazzo Chigi - in questo momento «Germania e Francia avevano bisogno di confrontarsi tra di loro. Devono cercare di riequilibrare un asse che prescinde dall’unità del fronte europeo nel contrasto alla minaccia russa».

Piuttosto, durante la presidenza italiana del G7, Meloni «proverà a spostare il baricentro del dialogo su un altro tavolo, quello del Quint Nato», che comprende Italia, Stati Uniti, Germania, Francia e Gran Bretagna.

Quello della premier si trasformerebbe in un tentativo, quindi, di tornare ad acquisire centralità non solo ai tavoli che riguardano il Mediterraneo, le migrazioni, i commerci, ma anche in Ucraina, dove nel tempo l’Italia ha invece perso alcune posizioni per i consistenti impegni militari arrivati da altri Paesi.

Il formato del Triangolo di Weimar, spiegano quindi fonti diplomatiche, «non è un vero problema». Eppure, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, non riesce a nascondere l’irritazione e in un’intervista a Repubblica definisce un «pessimo segnale» quello arrivato dall’incontro di Berlino. Non perché l’Italia sia stata esclusa - assicura -, ma per un metodo che, invece di unire l’Europa di fronte alla minaccia russa, porta a una dannosa parcellizzazione dei tavoli di discussione e delle decisioni.

Tra i grandi marmi bianchi della Farnesina, però, non riescono a condividere le preoccupazioni del ministro della Difesa. Anzi, le feluche sembrano quasi infastidite: «In questo modo – si sottolinea negli ambienti della diplomazia – si amplifica un problema che non c’è, creando piccole ma evitabili tensioni con i nostri alleati».

In fondo, se Crosetto pone l’accento sulla necessità di unire tutti e 27 i Paesi europei, è altrettanto vero - viene fatto notare - che a Bruxelles le discussioni dei 27 sugli aiuti all’Ucraina non hanno sempre trovato una strada rapida per arrivare a una decisione. Per altro, si sottolinea come possa essere più utile coinvolgere attori come Stati Uniti e Gran Bretagna, che a Kiev assicurano un sostegno che tanti altri Paesi Ue non possono garantire. Quello del Quint Nato, quindi, «sarebbe certamente più utile», nonostante sulla carta finiscano per essere esclusi tanti altri Paesi europei, compresi attori di primo piano come la Polonia, che per l’Ucraina ha «un ruolo decisivo nelle strategie di contenimento di Mosca, anche dal punto di vista commerciale e logistico».

Sul versante politico, il ministro degli Esteri Antonio Tajani non ha preso posizione sul vertice del Triangolo di Weimar. Da parte sua, l’importanza del coinvolgimento e dell’unità dell’Europa, specie in Ucraina, non è mai stata in discussione, ma conosce altrettanto bene lo storico rapporto speciale che lega Francia e Germania e quanto la solidità di quest’asse sia importante per la compattezza dell’intera Unione europea.

L’incontro a Berlino viene quindi letto nell’ottica di una riunione necessaria a rinsaldare un legame che si era pericolosamente sfilacciato negli ultimi mesi. Per altro, le divisioni su alcuni temi tra i due Paesi, al termine del vertice, sembrano essere rimaste. Come sull’ipotesi di impiegare truppe Nato in Ucraina, su cui continua a insistere il premier francese Emmanuel Macron, nonostante la contrarietà degli altri Paesi Nato, o sull’ostinato diniego da parte del cancelliere tedesco Olaf Scholz di inviare a Kiev delle forniture di missili Taurus.

Intorno a Tajani, però, chi predilige la diplomazia preferirebbe un altro modo di muoversi sullo scacchiere delle alleanze europee, senza muovere «allarmi spesso condivisibili, ma altrettanto spesso eccessivamente enfatici» come quelli lanciati da Crosetto. Utili - viene sottolineato - a «tenere alta la tensione e l’attenzione sul comparto militare, ma molto meno su quello diplomatico».

Ed è una considerazione che non tocca solo il fronte ucraino, ma anche altri dossier condivisi, come quello del Mar Rosso. D’altronde, però, è nell’ordine delle cose che l’approccio del ministero della Difesa e di quello degli Esteri si muova seguendo spartiti non sempre perfettamente sovrapponibili.

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