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Non è uno stop. Ma a giudicare dalle premesse, potrebbe diventarlo presto. Mentre in Transatlantico ancora rimbomba l’eco delle botte da orbi di ventiquattr’ore prima sul Superbonus, un altro duello finisce al centro dei riflettori: il confronto tv tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Che a questo punto è a forte rischio sabotaggio, almeno nel format originariamente accettato dalle due leader di Fratelli d’Italia e Pd: un’ora di botta e risposta a due in onda dopo il tg di giovedì prossimo, moderate dal mattatore di Porta a Porta Bruno Vespa.
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I paletti
Il faccia a faccia si potrà fare, ma se – e solo se – sarà accettato dalla maggior parte degli altri competitor alle Europee. Eccolo, il paletto piantato dall’Agcom per consentire che il duello tra la premier e la segretaria dem si svolga come immaginato dai rispettivi staff e grazie alla mediazione di Vespa. Un nulla osta tutt’altro che scontato. Perché a ricorrere al Garante delle comunicazioni che sorveglia sul rispetto della par condicio erano stati proprio gli esclusi dal confronto a due. A cominciare dal Movimento 5 Stelle, con la presidente della Vigilanza Barbara Floridia che ha vergato una lettera all’Autorità per chiedere lo stop. Ma contrari a lasciare il palco tutto per Meloni e Schlein si sono detti pure Verdi-Sinistra, Azione e Italia viva, nonostante l’offerta della Rai di imbastire un giro di faccia a faccia successivi (da Conte versus Salvini a Tajani vs Renzi, con i numeri uno di M5S e Forza Italia che però hanno subito declinato).
Ed è proprio per sbrogliare questa matassa che ieri pomeriggio si è riunito il Consiglio dell’Agcom. La domanda: è sufficiente l’offerta della tv pubblica a garantire il rispetto della par condicio? La risposta, dopo oltre tre ore di confronto, è “nì”. Perché è vero, riconosce l’Agcom, che «la parità di trattamento può essere garantita dall’offerta a tutti i soggetti politici della medesima opportunità di confronto». Ma, aggiunge l’Autorità, perché il duello non incorra in sanzioni (da 25 a 250mila euro) bisogna che «il relativo format sia accettato da una larga maggioranza delle liste in competizione elettorale» per le Europee. «E comunque dalla maggioranza delle liste con rappresentanza in Parlamento», si legge nel verdetto. In altre parole: se più della metà dei partiti che siedono tra Camera e Senato dicono no al faccia a faccia Meloni-Schlein, il duello non si può fare. Il che fa pendere la bilancia dalla parte degli esclusi, perché il criterio individuato dall’Agcom non tiene conto del peso numerico dei gruppi parlamentari (in quel caso, forse, FdI e Pd avrebbero potuto spuntarla), ma assegna un voto a ogni partito a prescindere dalla grandezza.
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La scappatoia
Le scappatoie, si ragiona nei quartier generali delle due leader, potrebbero essere due. La prima: un confronto a più voci sul modello di quanto proposto da Enrico Mentana. Che però farebbe venir meno l’effetto polarizzazione su cui sia Schlein che Meloni puntavano. «Alle Europee non c’è un capo della sinistra e uno della destra: più adeguato un format all’americana», invoca Carlo Calenda. L’altra strada è quella di convincere i rispettivi alleati ad accettare interviste singole nella stessa fascia oraria, dal momento che il chiarimento dell’Agcom sottolinea che agli esclusi dal possibile faccia a faccia vanno riservati «eventuali spazi compensativi» in fasce orarie con le «stesse opportunità di ascolto».
Altrimenti, non resta che tornare a una delle opzioni vagliate in precedenza: spostare tutto sull’arena del web. Magari sui social. Si vedrà.
Ma se Meloni dovrà con ogni probabilità retrocedere sul duello tv, la premier può consolarsi per aver di fatto già portato a meta il decreto Superbonus, nonostante una recalcitrante Forza Italia. Oggi in Senato andrà in scena il voto di fiducia, su cui non si prevedono scossoni: gli azzurri, astenuti sul provvedimento in commissione, assicurano lealtà all’esecutivo. Mentre Italia viva, decisiva (insieme all’autonomista Pietro Patton) per il varo dell’emendamento sul rinvio della Sugar Tax, ne rivendica il merito: «Non votiamo la fiducia al governo ma votiamo contro l’introduzione di nuove tasse», la linea dei renziani. Che continuano nell’intento di rosicchiare consensi a Forza Italia, votando (spesso) con la maggioranza quando si discute di tasse e giustizia. Gli azzurri ribattono per le rime: «Il vero centro siamo noi. E il rinvio della Sugar Tax è merito nostro». Una competizione, quella tra FI e Iv, che per ora pare fare il gioco della premier. «È un po’ come nel proverbio», ci scherza su un esponente di FdI mentre il battibecco prosegue: «Tra i due litiganti, il terzo, in questo caso Meloni, gode».