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Cappotto blu, camicia bianca, Giorgia Meloni conversa fitto con il presidente argentino Javier Milei sotto la statua del presidente Grant. C'è anche lei nella foto di gruppo che ha consacrato Donald Trump quarantasettesimo presidente americano nella Rotonda di Capitol Hill. A una manciata di metri dall'uomo che avrà in mano le redini del mondo per quattro anni. E dietro di tre sole file al presidente democratico Joe Biden con cui ha trovato un'intesa personale non scontata da quando è entrata nella stanza dei bottoni. «Era questo il messaggio più importante oggi: essere qui», confida la presidente del Consiglio ai collaboratori mentre la folla di seicento ospiti abbandona la sala circolare.
Una missione lampo. Ventiquattro ore. Come un lampo è davvero il saluto che riesce a scambiare di persona con Trump, quando di buon mattino esce dall'hotel e si avvia alla Messa nella chiesa evangelica di St Johns attraversando con il corteo una Washington glaciale, blindata e semideserta. «Thank you!» la saluta il presidente eletto americano mentre passa tra i banchi, sorriso sornione e dito puntato verso la leader di ferro europea che ha definito «una forza della natura» nell'ultimo vis-a-vis in Florida, a Mar-a-Lago.
IL SEGNALE
Missione riuscita? La premier è convinta di sì. «Contava dare un segnale», spiega ai suoi e lo ridice in un post festante su twitter a margine della cerimonia al Congresso. «Auguri di buon lavoro al presidente Trump per l’inizio del suo nuovo mandato alla guida degli Stati Uniti d’America. Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa, affrontando insieme le sfide globali e costruendo un futuro di prosperità e sicurezza per i nostri popoli». E in mattinata rincara, augura di rinsaldare l'asse tra Roma e Washington, ora che il capo dei Repubblicani è tornato in sella, per fare fronte insieme «a sfide globali e interconnesse». A La guerra in Ucraina, le spese militari, la sicurezza. E poi il grande nodo dei dazi che toglie il respiro alle cancellerie europee. Dossier su cui la premier ora si candida a fare da «ponte» tra Usa e Ue.
Meloni assiste composta al discorso di Trump. Si presta a una sola ovazione. Quando il Tycoon si presenta al mondo come «pacificatore e unificatore». Il suo però è un discorso durissimo. Che lascia attoniti i presenti, tra promesse di deportazioni di massa dei migranti e vendette contro i giudici che l'hanno messo nel mirino. «Un discorso concentrato sugli affari interni», la leggono così tirando un sospiro di sollievo i collaboratori di Meloni, forse un po' ottimisti. Perché la guerra commerciale promessa da Trump riguarda eccome l'Italia e l'annuncio di un'agenzia di riscossione delle tariffe estere per «ripagare i contribuenti» americani. Un dossier, i dazi in arrivo, che preoccupa la leader italiana e vede già al lavoro il governo per sminare il terreno. America first. L'Italia e l'Europa si mettano in fila.
Per Meloni il senso della giornata americana è tutto politico. Inizia con la messa a St Johns, dove ha modo di salutare e scherzare con Elon Musk, il patron di Tesla entrato nell'amministrazione. Nella rotonda del Congresso fa slalom tra deputati e senatori che le chiedono un selfie. La conoscono tutti da queste parti e da un po'. Si ferma a lungo con Marco Rubio, il nuovo segretario di Stato, e il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz. Entrambi hanno seguito la trattativa per il caso di Cecilia Sala risolta con il rilascio della reporter dal carcere iraniano di Evin. Poi è il turno di Kevin McCarthy, lo speaker repubblicano. Chiuso il giuramento Meloni si concede un pranzo al Cafe Milano, ristorante di riferimento della comunità italoamericana, insieme allo staff e all'ambasciatrice Mariangela Zappia. Poi il volo di ritorno in Italia, dove è rimasto invece Matteo Salvini, assente alla cerimonia dove avrebbe voluto esserci invece, eccome. Raccontano di una telefonata fra Meloni e Ursula von der Leyen prima del viaggio americano. Chi parla con la premier rigetta però l'idea di una missione da pontiere tra Europa e Stati Uniti. Eppure lei non disdegna l'idea nel post che accompagna gli auguri a Trump insieme a una foto che li ritrae nella pantagruelica villa del presidente in Florida. «L'Italia sarà sempre impegnata a consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità». Lascia la capitale nel tardo pomeriggio, non c'è spazio per inserirsi nel rigido cerimoniale che vede Trump rimbalzare da un incontro all'altro, sottratto ai suoi ospiti. Sullo sfondo la promessa di rivedersi a Roma o con una visita ufficiale dall'altra parte dell'oceano a cui Palazzo Chigi ha già iniziato a mettere testa.