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«Introdurre il tema della ratifica della riforma del Mes» adesso che il governo italiano si sente marginalizzato nel gran risiko Ue delle nomine equivale a «buttare un po’ di sale sulla ferita». Prima di lasciare Lussemburgo al termine della due giorni tra Eurogruppo ed Ecofin, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato, ieri, del rinnovato pressing dei partner Ue e del consueto stallo italiano sul Meccanismo europeo di stabilità.
LE PAROLE
Una questione che Giorgetti aveva evocato con i colleghi il giorno prima, in una riunione a porte chiuse, pur senza mettere le due cose in relazione, ma accennando al clima «che non agevola sereni confronti politici» venutosi a creare in seguito a un atteggiamento ritenuto pregiudizievole verso l’Italia nella partita per i vertici della nuova Ue. «Per qualche “burocrate di Bruxelles” il voto dei cittadini è quasi influente», ha affermato a distanza il vicepremier Matteo Salvini, convinto che per la guida delle istituzioni «stanno preparando lo stesso pacchetto o "paccotto" come se non avessero votato francesi, italiani e tedeschi». Il leader della Lega ha avuto parole perentorie anche per il Mes, «un’altra euro-follia che non serve all’Italia».
I sei mesi che, secondo il regolamento della Camera, devono trascorrere tra la bocciatura di un testo (avvenuta a dicembre) e la sua possibile ricalendarizzazione sono appena trascorsi, ma per Giorgetti non è un mistero che è «il Parlamento italiano non è nelle condizioni di approvarlo», perlomeno non nel breve termine. Più in là, se arriveranno segnali politici «sulla natura del Mes», si vedrà. Il nostro è l’ultimo dei 20 Paesi dell’Eurozona a non avere ancora ratificato il trattato di riforma dell’ex fondo salva-Stati, impedendo di fatto l’entrata in vigore delle nuove regole per tutti. Tra queste, pure il paracadute finanziario per le banche in caso di crisi.
Partito democratico e Italia Viva si sono mossi in contropiede ripresentando ieri a Montecitorio due proposte di legge per la ratifica del trattato, a prima firma rispettivamente di Piero De Luca e Luigi Marattin. «Se c'è una ferita non rimarginata è quella che la destra populista ha aperto tra il nostro Paese e il resto d'Europa», ha ribattuto a distanza al titolare di via XX settembre il responsabile economico del Pd Antonio Misiani. «Vediamo se Forza Italia, che a dicembre si era astenuta, permettendo la bocciatura della legge, è davvero la casa dei centristi e degli europeisti», gli ha fatto eco Marattin. «Per la prima volta, però, Pierre Gramegna», direttore esecutivo del Mes, «ha fatto delle riflessioni, recependo evidentemente delle critiche che abbiamo mosso anche noi» in merito a un ripensamento del ruolo del Mes, da avvicinare a «un Fondo sovrano europeo, ad esempio in tema di difesa, evitando che i singoli Stati debbano indebitarsi o spendere a livello nazionale», ha detto Giorgetti, aggiungendo tuttavia che la discussione è stata «appena abbozzata» e ha incontrato «resistenze tra numerosi Paesi, specie i nordici».
L’IRRITAZIONE
L’irritazione italiana per l’insistenza Ue sul Mes arriva mentre Roma contesta di essere stata lasciata in panchina nei negoziati sui posti di comando del nuovo ciclo politico-istituzionale al via nell’Unione europea. Intanto, in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi - il summit chiamato a definire le nomine -, le grandi manovre parlamentari non smettono di riservare sorprese. Con Renew Europe, il gruppo dei macroniani, che perde pezzi scendendo a 74 eurodeputati, dopo l’addio dei sette eletti del partito ceco Ano 2011, formazione del controverso ex premier Andrej Babiš, che ha tuttavia escluso un approdo tra i conservatori dell’Ecr. Di «divorzio atteso da tempo» e di «percorso populista incompatibile con i nostri valori e la nostra identità» ha parlato la capogruppo liberale Valérie Hayer, che deve fare pure i conti con il rifiuto dei cinque federalisti di Volt di lasciare i verdi per unirsi a Renew. L’effetto immediato? Proprio l’Ecr guidato da Fratelli d’Italia consolida la rimonta e, con 83 seggi, si conferma terzo gruppo dell’emiciclo, alle spalle di popolari e socialisti. Un risultato inedito che i conservatori potrebbero far pesare ora che le trattative si intensificano. Soprattutto con i liberali che, pur se scivolati al quarto posto e a rischio nuove emorragie, sperano comunque di poter ipotecare la casella di Alto rappresentante per la politica estera con la premier estone Kaja Kallas.
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