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Montessori sotto accusa, in Germania fa discutere un saggio che definisce razzisti i metodi della pedagogista

6 mesi fa 8
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Maria Montessori era una razzista e non amava i bambini. Sabine Seichter in La lunga ombra di Maria Montessori. Il sogno del bambino perfetto (Der lange Schatten Maria Montessori. Der Traum vom perfekten Kind, Beltz 2024) propone ai lettori tedeschi questo sconcertante scoop. Della rivoluzionaria riflessione pedagogica affidata a un metodo applicato in centinaia di migliaia di scuole sparse in tutto il mondo (di cui più di mille solo in Germania) la pedagogista quarantenne, titolare di una cattedra presso un’università di Salisburgo, non salva nulla. È stato un malinteso, anzi un inganno diabolicamente perpetrato dalla scienziata italiana che era un medico e non una pedagogista e a cui del bene dei bambini non importava un fico secco. L’unico obiettivo dell’intera ricerca di Montessori è stato, secondo Seichter, quello di perseguire un progetto razzista di tipo eugenetico.

Per motivare la sua interpretazione fantascientifica la studiosa sostiene che il ricorso al metodo pedagogico è stato solo un ripiego per la scienziata italiana, in mancanza della vera soluzione per realizzare la redenzione dell’umanità attraverso i bambini, ossia, appunto, l’eugenetica, in grado di agire già sull’embrione per creare una razza pura, espressione di un’umanità superiore. La fonte su cui tali affermazioni si fondano è l’Antropologia pedagogica, un’opera di Montessori priva di originalità, che ricalca le posizioni del suo maestro Giuseppe Sergi. L’autrice non spiega peraltro ai suoi lettori che non sta dicendo nulla di nuovo per gli studiosi di Montessori e ignora completamente le ricerche in lingua italiana sull’argomento. Si comprende come per un’autrice tedesca sia importante sottolineare che la teoria della razza è stata elaborata in un contesto europeo, non tedesco, come mostra la prima parte del libro; si comprende invece meno perché si ritenga che Montessori, in quanto medico e docente in una facoltà di medicina italiana durante il fascismo, avrebbe potuto aderire a un paradigma scientifico diverso.

Il bersaglio principale del saggio riguarda la concezione montessoriana dell’educazione che, infettata dal biologismo razzista, sarebbe improntata a un autoritarismo dolce (e perciò subdolo), con cui si manipola il bambino come si addestrerebbe un cucciolo di cane, costringendolo ad adattarsi a un piano prestabilito, mirante a renderlo perfetto. Il che equivale a un ideale di normalità che coincide con quello della razza bianca. Tale concezione inoltre non potrà mai essere inclusiva perché gli “idioti”, i “minorati” - ricostruisce Seichter senza far comprendere che quei temini all’inizio del Novecento erano gli unici disponibili – possono, secondo Montessori, migliorare solo in modo limitato e vanno perciò tenuti separati dai normali. Attaccando il “montessorianismo” di una certa pedagogia tedesca, che avrebbe idealizzato l’intellettuale italiana, Seichter ribadisce più volte che non è con il metodo Montessori che è possibile creare l’inclusione scolastica – oggi ancora largamente carente in Germania - fingendo di ignorare che esso è stato invece, dal 1977 in poi, un ingrediente fondamentale per la creazione dell’inclusione scolastica in Italia. Illustrando la nascita della prima Casa dei bambini a Roma nel 1907 l’autrice afferma che più che di una scuola per l’infanzia si trattava un laboratorio che Montessori aveva creato per usare i bambini come cavie, sottoponendoli continuamente a misurazioni corporee e a osservazioni. Si metteva così alla prova un metodo autoritario in grado di innestare un processo di autocontrollo il cui fine era l’obbedienza totale del bambino. I celebri materiali didattici Montessori sarebbero stati funzionali a questo progetto criminoso e Seichter mette in scena un surreale dialogo in cui i giochi, costruiti a suo avviso intenzionalmente in modo da rompersi facilmente, fanno sentire in colpa i bambini rimproverandoli per averli rovinati, uno scenario assurdamente esilarante per chi abbia frequentato una qualsiasi scuola Montessori.

La denuncia feroce dell’autrice tocca il suo culmine nel paragrafo Montessoris Schäferhund: il riferimento al cane usato dalle SS non è casuale; alla pedagogista viene qui appioppato il termine “Führerin” e il ruolo del cane da pastore è quello svolto dalle sue insegnanti, incaricate di controllare il gregge dei bambini e di innestare un processo in cui l’autorità e la violenza verranno interiorizzate. L’associazione di Montessori al nazismo in un saggio in cui il nazionalsocialismo non viene mai evocato fa pensare che l’ombra di cui parla Seichert sia proiettata sulla pedagogista italiana ma non provenga da lì: è davvero Montessori quella ossessionata dall’eugenetica, dalla purificazione della razza e dalla selezione degli anormali? E dietro l’astio di Seichert per le presunte posizioni montessoriane sui disabili non c’è il rimosso di Aktion T4, l’atroce campagna con cui dal 1933 sono stati eliminati in Germania almeno 200mila disabili? La lunga ombra di Montessori non copre piuttosto quella di Mengele e degli altri medici nazisti che gli esperimenti di eugenetica sui bambini nei lager gli hanno veramente fatti? E se la pedagogista italiana avesse avuto in mente solo l’eugenetica, come pretende Seichert, perché allora nel 1934, quando ha lasciato l’Italia fascista, non si è trasferita in Germania dove, con perfetto tempismo, avrebbe potuto essere coinvolta in quelli abominevoli esperimenti? L’attacco delirante di Seichert a una figura intellettuale che non ha bisogno di essere difesa si comprende solo se si conosce la scuola tedesca di oggi, ancora ispirata a un metodo ossessionato dai bambini superdotati, dalle misurazioni delle competenze, dalla selezione precoce di tutti coloro che non raggiungono gli standard di normalità definiti. Ciò emerge nella parte finale del libro Beyond Montessori in cui si ammette che la presunta pedagogia razzista montessoriana, fondata sulla ricerca della perfezione e dell’esclusione dei meno abili, si è rivelata la più funzionale alla logica neoliberale con cui evidentemente l’autrice si identifica. Il libro di Seichert sta ovviamente già facendo molto discutere in Germania, l’auspicio è che la discussione si sposti dal tema insensato del razzismo di Maria Montessori per affrontare la questione vitale delle riforme necessarie a creare finalmente anche in Germania una scuola più democratica e inclusiva.

* Docente di Teoria dei linguaggi all’Università Guglielmo Marconi di Roma. Il suo ultimo libro si intitola “La filosofia italiana e la scuola. Democrazia, inclusione, plurilinguismo” (Nep Edizioni, 2023)

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