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Non è stato omicidio ma abbandono di minore. Tuttavia la mamma del neonato Tyler, morto domenica 19 maggio a bordo di una nave da crociera, resterà in carcere, mentre le due colleghe di lavoro sono state rimesse in libertà. Lo ha deciso con un'ordinanza firmata oggi il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Grosseto, Sergio Compagnucci, dopo l'interrogatorio di garanzia di Jheansel Pia Salahid Chan, 28enne nata a Manila, capitale delle Filippine, accusata dalla Procura del reato di omicidio volontario con dolo eventuale per il decesso del suo bambino di appena due giorni, nato venerdì 17 maggio sulla «Silver Whisper», nave da crociera di lusso battente bandiera delle Bahamas, dove lei lavorava come addetta alle pulizie e lavapiatti.
Neonato morto sulla nave da crociera: la mamma non è più accusata di omicidio
Il giudice ha riqualificato anche il reato per la madre, che non è più indagata per omicidio volontario ma abbandono di minore. Il giudice ha convalidato il fermo della 28enne, eseguito dalla Procura lunedì scorso, e ha confermato la custodia cautelare nel carcere fiorentino di Sollicciano. Il giudice non ha invece convalidato il fermo delle due giovani donne che condividevano la cabina con Chan. Dorcas Njuguini Mutunduu, 28enne del Kenya, e Kgothadso Mabel Jasmine Mphela, 26enne del Sudafrica, entrambe lavapiatti, assistite dagli avvocati Mario e Luca Fabbrucci, che nell'interrogatorio di garanzia si sono avvalse della facoltà di non rispondere, sono state scarcerate: per loro è caduta l'ipotesi di concorso in omicidio volontario, derubricato in omissione di soccorso, reato che non contempla l'esigenza della custodia cautelare in prigione.
L'ordinanza del giudice è arrivata nel giorno in cui sulla salma del piccolo Tyler è stata eseguita l'autopsia all'ospedale Misericordia di Grosseto: il medico legale, professor Mario Gabrielli, incaricato dell'esame, avrà 90 giorni di tempo per la relazione da consegnare in Procura.
L'interrogatorio di giovedì 23 maggio è stato drammatico ed è durato tre ore, con la presenza di una traduttrice di lingua inglese. «Non volevo far morire di fame il mio bambino che avevo chiamato Tyler. Gli ho dato il mio latte, l'ho lavato, l'ho accudito. Non ho detto nulla a nessuno della sua nascita perchè avevo paura di essere licenziata», ha confessato tra le lacrime Jheansel Pia Salahid Chan. La giovane, secondo quanto è stato riferito all'Adnkronos, avrebbe raccontato di esseri imbarcata perchè non riteneva di essere così avanti nella gravidanza e pensava di poter partorire a Nizza, tappa finale della crociera. Sarebbe stata sua intenzione, una volta tornata nelle Filippine, affidare il bimbo al padre naturale, con cui ha avuto una relazione già finita. Piangendo, lei ha raccontato al giudice che non avrebbe potuto crescere quel bambino perchè già impegnata a mantenere la sua famiglia originaria di sei persone.