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L’onda lunga dell’occupazione continua anche all’inizio del 2024. Settantamila posti in più soltanto a marzo, che sfiorano i 425mila a livello annuo. Si registrano ancora gli effetti legati al combinato disposto tra una crescita post Covid più resiliente rispetto ad altri Paesi europei, l’innalzamento dell’età pensionabile che ha ampliato la base degli occupabili e la fine di sussidi a pioggia. Ma nelle ultime stime pubblicate ieri dall’Istat ci sono luci (il record di inclusione femminile) e ombre (le difficoltà dei 40enni e le controverse dinamiche al Centro e al Sud) che ci accompagneranno nel 2024.
Occupazione, le stime pubblicate dall'Istat
Come ha segnalato l’Adapt, il centro studi fondato da Marco Biagi, l’ultima tornata di dati ci restituisce il record di occupati totali (23,849 milioni) e, soprattutto, quello femminile con 10,095 milioni di impiegate. Secondo il presidente Francesco Seghezzi, il dato sul versante femminile - la percentuale media è ancora lontana da quella Ue - «è dovuto anche al fatto che oggi ci sono più occasioni nei servizi che nel manifatturiero. Facendo meno figli ci sono più opportunità di carriera, mentre c’è movimento culturale che aiuta a ridurre le differenze di genere».
Sempre nelle stime Istat su marzo, si registra un forte apporto ai nuovi posti di autonomi (55mila su70mila) e degli over50. Sono per lo più neopartite Iva, probabilmente rimaste senza lavoro oppure da poco in pensione. Non sono contratti a tempo indeterminato (che continuano a crescere a marzo), ma è comunque una risposta concreta per uscire dalla disoccupazione o integrare l’assegno pensionistico. Anche per questo il governo, nel decreto Coesione, ha accelerato sugli incentivi all’autoimpiego con voucher fino a 40mila euro.
Le dinamiche
In contraltare, nelle ultime dinamiche, c’è la disoccupazione che cresce (+1,3) soltanto nella fascia tra i 24 e i 49 anni, in controtendenza rispetto al dato annuo e nonostante la ripresa dei concorsi pubblici. C’è il timore che riguardi settori come l’edilizia o la meccanica, che scontano fattori straordinari come la fine del superbonus o l’aumento dei prezzi di materie prime e semilavorati trasportati dall’Est del mondo, che per la crisi del Mediterraneo registrano rincari nelle tariffe e ritardi nelle consegne.
C’è poi il capitolo Sud. Qui nel 2023 i posti di lavoro in più sono stati il 2,4 per cento contro l’1,8 del resto del Paese. Luca Bianchi, direttore dello Svimez, teme «gli effetti della fine della decontribuzione a tutti i lavoratori, che però sappiamo sarebbe finita, e del mismatching legato ai gap di formazione tra offerta e domanda di lavoro». In questa direzione, a lanciare un campanello d’allarme è il Bollettino Excelsior-Unioncamere. Al Sud le imprese italiane sono pronte a ricercare 430mila figure tra aprile e maggio: in termini assoluti sono 74mila posti in meno rispetto allo scorso anno, senza contare che nella metà dei casi le postazioni resteranno vacanti. Parliamo di ingegneri, analisti, medici, infermieri o saldatori. In Centro Italia le imprese recluteranno 35mila persone, mentre nel solo Lazio - segnala la Cgil - i contratti a tempo determinato sono scesi del 7 per cento nell’ultimo decennio.