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Olly: «Sono cresciuto in una famiglia di giuristi. Sanremo? Non penso di andare in gara, passerò per salutare qualche amico»

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La sua Per due come noi, in duetto con Angelina Mango, è la hit del momento, che per la quarta settimana consecutiva comanda la classifica Fimi/Gfk dei singoli più ascoltati e scaricati della settimana (ha appena vinto il Disco d’oro). Ma Olly, vero nome Federico Olivieri, genovese, classe 2001, visto in gara a Sanremo lo scorso anno con la sua Polvere, non si accontenta. E preme sull’acceleratore. Sulla copertina di Tutta vita, il suo nuovo album, uscito venerdì, il cantautore finisce per schiantarsi con la sua auto rossa contro un albero: è solo un modo per esorcizzare la paura di finire fuori strada. In realtà il suo futuro sembra tutt’altro che disastroso: «È un momento d’oro, ma questo non è un punto d’arrivo», sorride lui, che il 28 novembre darà il via da Nonantola, in provincia di Modena, al tour nei club già tutto sold out, di passaggio a Roma il 20, 21 e 22 dicembre all’Hacienda (ma già mercoledì 6 novembre alle 18.30 sarà protagonista di un evento all’Apple Store di via del Corso).


Ha capito qual è il segreto di tutto questo successo? 
«La semplicità. Per due come noi è una canzone diretta, senza troppi fronzoli. C’è sostanza. Come in tutto il disco. Sarei contento se tornasse ad essere importante la sostanza, che nel nostro mondo secondo me si è un po’ persa negli ultimi anni».


Il mercato cominciava ad essere saturo di progetti poco autentici? 
«Sì. Non è una critica al sistema, la mia. Capisco che ci sia anche bisogno di musica non autentica, che aiuta a sentirsi più leggeri. Io, però, sento di appartenere a un altro club».


Quale? 
«Quello di chi scrive canzoni per emozionare, suggellare ricordi. Per due come noi è una canzone che parla di relazioni e della complessità dei rapporti che tutti noi viviamo, che si tratti di amore, amicizia, famiglia, di come si cresca e si cambi quando ci si deve confrontare con una persona diversa da noi nelle piccole cose, che sono però specchio di divergenze più grandi. Ho voluto Angelina (condividono la manager, Marta Donà, potentissima agente e nipote di Adriano Celentano e Claudia Mori, ndr) perché è una forza della natura. In generale, nel disco non ci sono riempitivi: sono come tanti pezzi di un puzzle».


Anche lei, come Tananai, si iscrive al club degli alternativi al machismo e alla tossicità del rap e della trap?
«Sì, anche se sento poco la necessità di dovermi definire in qualche modo da questo punto di vista. Lascio che a parlare sia la musica. Non sono d’accordo, comunque, con i discorsi sulla censura degli artisti. Sono di un’altra filosofia: se una cosa mi piace, l’ascolto; se non mi piace, passo». 


In “La lavatrice si è rotta” canta: “Dovevo andare a votare però l’ho dimenticato”. La sua generazione è interessata alla politica?
«Direi di sì, anche se in generale c’è poca chiarezza sulle posizioni da prendere. Parlo anche del problema dei fuorisede che per votare devono tornare nelle loro regioni, come me: vivo a Milano, ma la residenza ce l’ho ancora a Genova, a 160 chilometri di distanza».


E poi dice anche: “Dovrei cambiare qualcosa, prendere il sole e imparare a memoria la Costituzione”. Interrogazione: il primo articolo cosa dice? 
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». 


Il secondo? 
«Non è quello sui diritti inviolabili dell’uomo?». 


L’ha preparata bene il suo ufficio stampa o l’ha imparata davvero? 
«Sono cresciuto in una famiglia di giuristi (ride)». 


Lei però si è laureato in economia, non è vero? 
«Economia e management d’impresa alla Statale di Milano, con 101. Infatti mi sono tatuato un dalmata». 


Tesi su? 
«L’impatto dello streaming sulla discografia. Tra l’altro le piattaforme sono un mondo al quale credo relativamente». 


Cioè? 
«Sono un nostalgico dei cd. Oggi l’esperienza d’ascolto è dispersiva e passiva. C’è talmente tanta roba che alla fine si finisce per fare tanto zapping e tornare ai classici. Un po’ come quando vai al ristorante e ordini sempre la classica pasta al sugo». 


Nella musica cos’è un classico per Olly? 
«Vasco. Lo consumo e credo si senta. Prima del 2022 non lo consideravo: aveva un ermetismo che non coglievo. Poi a un suo concerto mi si è aperto un mondo».


Prima del tour primaverile (il 13 maggio tornerà di nuovo a Roma, all’Atlantico), a febbraio la vedremo a Sanremo? 
«Non penso di andare in gara. Al massimo passerò per salutare qualche amico». 

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