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Davanti al pubblico ministero di Venezia Andrea Petroni, Filippo Turetta ricostruisce le ore precedenti il femminicidio di Giulia Cecchettin: la serata trascorsa a fare shopping, la cena in un centro commerciale a Marghera, quindi il viaggio di ritorno con l'auto che si ferma in un parcheggio a 150 metri dalla casa di Giulia. «Volevo darle un regalo, una scimmietta mostriciattolo. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo», dice Filippo Turetta nel verbale il cui contenuto è stato diffuso da 'Quarto grado'. Quindi la lite che diventa aggressione prima e omicidio subito dopo.
Il tentativo di tornare insieme, la rabbia per il rifiuto, le coltellate inferte con forza mente lei grida aiuto
La lite diventa aggressione. «Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina, gridando “Sei matto, vaffanculo, lasciami in pace”» racconta il ventiduenne al pm. «Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch'io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L'ho rincorsa, l'ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava “aiuto” ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. Allora l'ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L'ho caricata sul sedile posteriore».
Turetta racconta come ha ucciso Giulia
Turetta racconta poi di come ha ucciso Giulia: «Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l'avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l'altro e l'ho rincorsa. Non so se l'ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia». L'autopsia restituisce 75 coltellate e una morte per shock emorragico provocato dal colpo alla testa e dalle coltellate.
«Mi ricordo che era rivolta all'insù, verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. Giulia era come se non ci fosse più. L'ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti». Dopo essersi disfatto del corpo dell'ex fidanzata, abbandonato vicino al lago di Barcis, Turetta inizia la fuga: durerà sette giorni e verrà catturato in Germania: «Avevo un pacchetto di patatine in macchina e una scatolina con qualche biscotto. Non ho mai comprato nulla da mangiare. I soldi che avevo li ho spesi per i rifornimenti di benzina. Volevo togliermi la vita con un coltello che avevo comprato, ma non ci sono riuscito. Pensavo che se avessi fumato e bevuto sambuca sarebbe stato più facile suicidarmi, ma invece ho vomitato in macchina».
La resa di Filippo Turetta
Infine la resa quando Filippo Turetta guarda online le notizie su di lui. «Ho riacceso il telefono. Cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ciò ha avuto l'effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più e ad essere arrestato».