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Omicidio sotto il ponteggio a Torino Aurora, il ragazzino confessa: "È stato tutto casuale, non volevo uccidere"

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"Non volevo uccidere. Mi sono sentito aggredito e ho reagito con ciò che avevo in mano, la morte di quel ragazzo è stata un caso". A parlare, nell'interrogatorio di garanzia tenutosi ieri e in cui è stato confermato il suo arresto, il 16enne marocchino residente in provincia di Modena (era a Torino in visita dalla madre che vive qui, ma lui vive col padre) ora reo confesso dell'omicidio di Hamza Moutik, 26enne suo connazionale ucciso con una coltellata al cuore in un box sotto un ponteggio in corso Giulio Cesare angolo corso Emilia a Torino nella serata di venerdì 23 agosto 2024.

La vittima, uno spacciatore conosciuto nella zona, era poi deceduta la mattina di domenica 25 all'ospedale Giovanni Bosco per le conseguenze del fendente, come ha confermato anche l'autopsia eseguita dal medico legale Fabrizio Bison. Il ragazzino, invece, era scappato a Marracash in Marocco per paura. Era andato dal nonno che sta molto male ma, convinto dai familiari, ha scelto di tornare in Italia ed è stato fermato la mattina di mercoledì 28 all'aeroporto di Malpensa. Ora è detenuto e difeso dall'avvocato Enrico Scolari, che esclude che si sia trattato di un omicidio legato alla droga, che sia stata una vendetta o che sia stato in qualsiasi modo premeditato.

"Mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato"

In sostanza, secondo la versione del ragazzo è stata una reazione d'impeto in quanto aveva paura di essere aggredito da Moutik e da alcuni suoi amici. E la coltellata non sarebbe stata sferrata neanche lontanamente per uccidere. "Tra l'altro, il coltello non lo avevo portato neanche io ma era di un altro ragazzo", ha detto davanti ai pm Vitina Pinto della procura dei minori e Alessandro Aghemo della procura ordinaria di Torino. L'altro giovane è un 19enne che ora è indagato per concorso in omicidio ma che da quel giorno non si trova. È difeso dall'avvocato Felice Cellino.

"Ho subito avances sessuali da lui, ma non c'entrano con la mia reazione"

Il 16enne ha ammesso che due giorni prima del delitto Moutik aveva provato un approccio sessuale nei suoi confronti, ma non era stato un tentativo di violenza. "Quando lo aveva fatto semplicemente sono scappato a casa, e lui mi ha inseguito probabilmente per scusarsi e per chiedermi di non raccontare nulla". Poi l'incontro la sera di venerdì "ma non sapevo neanche che ci fosse lui in quel gruppo, è stato un caso. Però quando l'ho visto, insieme ad altri, ho pensato che volesse aggredirmi perché mi aveva gridato che sono un bugiardo e mi è venuto spontaneo reagire".

La situazione concitata e le altre persone presenti

L'omicidio è maturato in una situazione quantomeno concitata. Erano presenti sia coloro che spalleggiavano Moutik nel sostenere che il 16enne fosse un bugiardo, sia altri ragazzi che sostenevano quest'ultimo. Alcuni avevano apostrofato la vittima dell'omicidio chiamandolo pedofilo e lo avevano anche colpito al volto. Dalla parte opposta, c'è il ragazzo che ha passato il coltello al 16enne. Le indagini, naturalmente, proseguono per delineare ancora meglio il quadro e per capire quali e di chi siano state le varie responsabilità.

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