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Partita la corsa per prendersi Milano

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Fabio Rubini 02 febbraio 2025

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Per l’apertura delle urne c’è ancora tempo, ma le grandi manovre su Milano sono già partite. Beppe Sala, l’attuale sindaco scadrà nella primavera del 2027 e - salvo ripensamenti sul terzo mandato- non potrà ricandidarsi. Per il centrodestra sarà un’occasione succulenta per provare a riprendersi la capitale economica del Paese dopo 15 anni di governo del centrosinistra. Tre lustri durante i quali Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia non hanno brillato per lungimiranza. Dopo la scoppola (non del tutto inaspettata) presa dalla sindaca uscente Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia nel 2012, la costruzione di un’alternativa al centrosinistra è sempre stata piuttosto farraginosa.

E se il romano Stefano Parisi nel 2017 per poco non fece il colpaccio, cinque anni dopo, la candidatura di Luca Bernardo si tramutò in una Caporetto del centrodestra, con Sala rieletto sindaco senza nemmeno passare per il ballottaggio. Si spiega anche con questo curriculum non certo lusinghiero, la voglia della coalizione, oggi all’opposizione, di trovare una road map che abbia un respiro superiore allo stretto necessario per affrontare lo sprint finale della campagna elettorale. Per provare a vincere serve un orizzonte temporale più ampio, che dia la possibilità a candidato e coalizione di battere la città casa per casa, via per via, quartiere per quartiere.

Non è un caso che tra “Salva Milano”, mobilità e sicurezza, ogni settimana il centrodestra si ritrova a convegno. Giovedì era stata Forza Italia sul tema dell’urbanistica, mentre ieri è toccato alla Lega parlare di “Mobilità e Area C: le prospettive per la città”. È a questo evento che si è collegato Matteo Salvini dando fuoco alle polveri della polemica. Parlando delle politiche messe in campo dal centrosinistra, il vicepremier tuona: «È impensabile inseguire i fumatori con il metro piuttosto che occuparsi di sicurezza: penso al Corvetto, al Gratosoglio, ma anche a piazza Duomo. Alla sinistra lasciamo l’inseguimento dei fumatori e gli occhi chiusi su quello che succede nelle case delle periferie e costruiamo la Milano del futuro». E ancora: «Non è con l’estensione dell’Area C, non è il classismo alla Sala dei radical chic del centro città che non vogliono che vengano a lavorare a Milano le persone che non hanno l’auto e adesso anche la moto, ultimo modello. Noi daremo battaglia per il diritto alla mobilità». Una raffica di critiche che hanno mandato su tutte le furie Beppe Sala, da sempre poco incline alla massima evangelica del “porgi l’altra guancia”. Infatti la replica non si è fatto attendere: «Salvini dice che la Lega vincerà le prossime elezioni a Milano. Non lo so, è possibile... Da parte mio spero che Salvini si impegni in prima persona nella campagna elettorale che verrà... così cresceranno le nostre possibilità di vittoria».

A indebolire la posizione di Sala, però, c’è la vicenda legata al “salva Milano” che, se votato dal parlamento, dovrebbe sanare una serie di questioni per le quali rischia di saltare in aria l’urbanistica milanese. Sala da mesi invoca l’accordo tra maggioranza e opposizione. Il sindaco, però, prima ha dovuto incassare la titubanza del Pd e ieri la contrarietà - per altro nota - della sinistra estrema, che per la tenuta della sua giunta riveste un ruolo importante. Il portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, parlando dell’appello ad approvarlo fatto dal sottosegretario leghista Alessandro Morelli, ieri stato chiaro: «Auspico che nessuno segua questo appello a votare la legge Salva Milano. Il centrosinistra non voti alcun ordine del giorno a sostegno di quel provvedimento. L’urbanistica - affonda Bonelli - è sempre stata il luogo in cui si nascondevano interessi non coincidenti con l’interesse pubblico. Questa legge è devastante - chiude il verde - e il Pd deve capirlo». Parole pesanti, che colpiscono direttamente il sindaco Sala. Parole che ispirano la replica del presidente del Senato Ignazio La Russa, che dalla segreteria nazionale dei Fratelli d’Italia, convocata proprio nel capoluogo lombardo, spiega: «Dopo le tante titubanze dello stesso Pd e le dichiarazioni di Bonelli, spero che il sindaco capisca che quando definivo “salva giunta Sala” il decreto “Salva Milano”, non dicevo “parole sgradevoli”, ma la pura verità». Chiusa la parentesi dei botta e risposta, apriamo il capitolo sui totonomi, che è brevissimo: ad oggi non ce ne sono di credibili. Anche la voce di una Barbara Berlusconi pronta a scendere in campo, sembra appartenere al campo delle suggestioni. Di tempo per sceglierne ce n’è ancora un po’, ma non troppo. Occhio dunque a non arrivare nuovamente a un candidato last minute. Sarebbe davvero imperdonabile.

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