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Pecorino, scoppia la guerra a tavola: cosa può finire dentro il formaggio più amato

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Attilio Barbieri 09 dicembre 2024

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I soci del consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop bocciano la modifica del disciplinare di produzione che puntava a introdurre l’indicazione vincolante di razze autoctone di ovini. Razza Sarda - compresa la sub-popolazione Nera di Arbus - razza Vissana, razza Sopravissana, razza Comisana, razza Massese, pecora dell’Amiata.

La decisione è arrivata martedì quando l’assemblea dei soci, riunita a Macomer (Nuoro) si è espressa sul progetto di modifica: il 39% ha espresso voto favorevole, mentre il 55% ha detto “no”. In realtà la modifica aveva ricevuto parere favorevole – con un voto all’unanimità – nel corso dell’assemblea che si era svolta nel 2021, chiamata a prounciarsi, già allora, sulle modifiche al disciplinare di produzione da sottoporre poi all’approvazione del Ministero dell’Agricoltura. Approvazione che è sì arrivata, condizionata però ad alcune modifiche richieste. Il documento emendato secondo le indicazioni minisyeriali è tornasto in assemblea per l’approvazione definitiva. Ma sull’introduzione delle razze autoctone il parere dei soci si è ribaltato.

Dunque il Pecorino Romano Dop si continuerà a produrre solo con latte ovino proveniente delle tre aree previste da sempre dal disciplinare, vale a dire l’intero territorio delle Regioni Sardegna e Lazio e la provincia di Grosseto in Toscana, come per altro è avvenuto finora. Nessun vincolo per le razze.

L’assemblea di martedì è stata preceduta da prese di posizione anche molto dure, delle diverse sigle in cui si riconoscono i conferitori del latte. Il gruppo autodefinitosi “Pastori senza bandiere”, firmato da Gianuario Falchi, Nenneddu Sanna, Mario Carai e Fabio Pisu che guidarono la rivolta del 2019 sul prezzo del latte, ha diffuso nei giorni scorsi un comunicato dal titolo più che esplicito: «In Sardegna si alleva solo la pecora di razza sarda». In realtà non è così, visto che come si desume da una nota diffusa la scorsa primavere sempre dai Pastori senza bandiere, le greggi di ovini che popolano la sardegna conterebbero anche parecchi esemplari di pecore francesi Laucone e pecore israeliane Assaf. Le oriunde peserebbero appena per il 2 o 3 per cento dei capi allevati in Sardegna.

Fra l’altro Il Pecorino Romano Dop sconta già il fatto che meno del 6% del latte che entra nella filiera proviene dagli allevamenti del Lazio. Mentre il 93,8% è prodotto in Sardegna. «Siamo pronti ad organizzare nuove forme di protesta di cui sicuramente i trasformatori saranno costretti a tenere conto, come le esperienze del passato, non tanto remoto, dovrebbero aver insegnato», fanno sapere Falchi, Sanna, Carai e Pisu.

Le altre organizzazioni di rappresentanza sono divise. Confagricoltura Sardegna aveva chiesto alla politica regionale d'intervenire per valorizzare nel disciplinare il latte proveniente dalle pecore di razza Sarda, compresa la Nera di Arbus. E pure la Copagri regionale aveva ribadito «ferma contrarietà a ulteriori modifiche del disciplinare di produzione, con particolare riferimento alla possibilità di introdurre razze differenti da quelle autoctone, presenti da sempre negli areali di riferimento della Dop». In realtà il disciplinare di produzione che aveva incassato il “sì” dell’assemblea nel 2021 non è mai entrato in vigore per i rilievi mossi dal ministero e dunque il vincolo sulle razze di ovini ammesse non è mai scattato.

Il presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop, Gianni Maoddi. Si è limitato a constatare che «una parte di allevatori rappresentati dalle cooperative ha votato a favore, una parte contro, mentre l’industria privata ha optato per l’astensione, dichiarando di non voler interferire nelle scelte degli allevatori. Dunque, dal conteggio finale, emerge che il 55%, ovvero la maggioranza dell’assemblea dei soci, non vuole la restrizione sulle razze». Dunque i trasformatori non c’entrano nulla con la bocciatura.

L’assemblea dei soci ha invece espresso parere favorevole ad altre modifiche al disciplinare. L’approvvigionamento alimentare degli ovini dovrà provenire per almeno il 50% dalla zona di origine, migliore disciplina della tipologia di Pecorino Romano da tavola e da grattugia , con l’inserimento della classificazione “Riserva” che prevede un formaggio stagionato almeno 18 mesi.
 

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