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PORDENONE. Il prossimo 26 febbraio sarà insignito, dal presidente Sergio Mattarella, del titolo onorifico di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, «per aver guardato oltre al mero profitto imprenditoriale». Lui è Pietro Barteselli, 52 anni, amministratore del Gruppo L&S di Brugnera (Pordenone). Lo scorso anno, decise di assumere un giovane, Giuseppe Cannavale, di 25 anni, che si era ammalato di tumore e che aveva un contratto a termine e interinale. Di più: terminato il periodo semestrale di copertura della malattia da parte dell'Inps, l'azienda pagò lo stipendio intero al ragazzo fino a che non è rientrato, in autunno, al proprio posto, dopo svariati cicli di chemioterapia e la tanto attesa notizia che il linfoma era in completa remissione. Insomma, un lavoro per guarire.
Dal suo quartier generale, in Friuli, il Ceo si schernisce per l’improvvisa e, a suo avviso, immeritata popolarità: «Sono estremamente onorato che il presidente della Repubblica abbia deciso di portare all’attenzione dei cittadini il nostro approccio come esempio di gestione imprenditoriale che guarda oltre il mero profitto. L’impresa è fatta prima di tutto di persone. Oggi credo sia importante testimoniare che fare impresa significa impegnarsi perché l’azienda sia di successo in Italia e nel mondo nel lungo periodo, costruendo quotidianamente solide fondamenta: raggiungere risultati positivi garantisce alle famiglie di chi opera - direttamente e indirettamente - la serenità di un lavoro che viene svolto in un ambiente sicuro e di benessere. La vera forza di un'azienda penso sia la capacità di proteggere la propria comunità».
Ma il vostro è purtroppo ancora un caso isolato…
«Ritengo sia un dovere sociale dell’azienda quello di garantire a chi si trova in un momento di difficoltà - come nel caso di Giuseppe - la serenità necessaria per curarsi e guardare al futuro. Come dirigenti abbiamo delle responsabilità sullo sviluppo di ambienti virtuosi per i team di persone che credono nel progetto aziendale».
A fine mese Mattarella le consegnerà l'onorificenza, ma lei non voleva nemmeno che la storia diventasse di dominio pubblico...
«Quando Giuseppe ha deciso di raccontare la sua esperienza non avevamo idea del clamore che questa “storia” avrebbe poi generato. In effetti, quando ci ha informato di avere scritto a “La Stampa”, in un primo momento avevamo chiesto l’anonimato, perché la nostra è sempre stata una politica del fare, lontana da qualsiasi riflettore. È stato lui a insistere. Siamo rimasti molto stupiti dall’eco della vicenda, perché non crediamo - e non è falsa modestia - di aver fatto nulla di speciale. Ringrazio anche molto la responsabile del personale, Claudia Forcolin, che ha seguito la vicenda direttamente. Diciamo che abbiamo fatto da spettatori: Giuseppe ha combattuto la battaglia, Claudia gli è stata moralmente al fianco. Noi abbiamo avuto l'agevole compito di festeggiare quando abbiamo appreso che il tumore era stato sconfitto».
Dopo il clamore mediatico, la chiamata del Quirinale. Entrambi inattesi…
«La salute tocca tutti. Ci sono sicuramente molti altri esempi assai più virtuosi che meritano d’essere raccontati. La cosa più importante è che Giuseppe sia tornato al lavoro e che vinca la sua battaglia, grazie al supporto di una efficiente sanità pubblica e dei presidi di eccellenza sul territorio, come il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. Se il presidente Mattarella ha deciso di sottolineare questa situazione e portarla all’attenzione dei cittadini, forse vuol dire che tale approccio non è poi così scontato e merita d’essere raccontato».
Giuseppe, compatibilmente con il suo stato di salute in progressivo miglioramento, è tornato in mezzo ai colleghi…
«Per noi l’etica del lavoro, dell’impegno per il lavoro di squadra e la diffusione di valori per il benessere in azienda, devono essere al centro del progetto di successo aziendale e di impatto positivo sulla società in cui siamo inseriti. Questo riconoscimento altro non fa che rafforzarci nel nostro operato».