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È stato un Primo maggio bagnato, ma di festa quello che è andato in scena questa mattina a Torino. Chi temeva che si potessero verificare scontri tra i manifestanti dello spezzone sociale e le forze dell'ordine può stare tranquillo: il corteo è sfilato senza alcuna tensione da piazza Vittorio fino a piazza San Carlo dove sul palco i leader sindacali hanno fatto i loro interventi.
A pronunciare il comizio conclusivo a nome di CGIL, CISL e UIL è stato Gianni Cortese, segretario generale della UIL, che ha puntato i riflettori sull'aumento della povertà e la preoccupazione che ne deriva: "Siamo preoccupati per l’aumento della povertà, per il lavoro povero che non garantisce un reddito sufficiente a mantenere un tenore di vita accettabile, per gli effetti dell’inflazione che ha ridotto il potere d’acquisto di salari e pensioni del 17% negli ultimi tre anni. Perciò diciamo con forza che bisogna rinnovare tutti i contratti collettivi, pubblici e privati, e garantire la piena rivalutazione degli assegni previdenziali. Tra il 2008 e il 2023, gli occupati nella nostra regione sono scesi di 60.000 unità. La disoccupazione giovanile a Torino è al 21,9%, oltre 6 punti più alta della media del Nord Italia. Tra i laureati solo il 20% trova lavoro in tempi ragionevoli".
"Temiamo per la sorte di altri lavoratori che, nei prossimi mesi, rischiano di ingrossare le fila dei disoccupati per le crisi aziendali in atto o in procinto di manifestarsi; per l’esaurimento degli ammortizzatori sociali; per l’impossibilità di agganciare il traguardo della pensione reso sempre più difficile", ha continuato citando poi le principali crisi aziendali torinesi che sono quella della LEAR di Grugliasco, della Te Connectivity di Collegno, della Del Grosso di Nichelino e i siti dell’ex ILVA.
Infine la questione automotive che a Torino è in testa alla lista delle preoccupazioni: "Lo sciopero del 12 aprile nel comparto dell’automotive ha rappresentato il termometro delle preoccupazioni che esistono in città e tra i lavoratori rispetto al futuro dello stabilimento di Mirafiori, che ha ridotto del 50% la produzione nel 2024, ricorre in misura crescente agli ammortizzatori sociali e versa in uno stato di sostanziale paralisi. Sappiamo e lo stiamo chiedendo in tutte le sedi, che c'è bisogno di un nuovo modello di largo consumo perché, se non si arriverà a produrre 200mila vetture all'anno, l’esistenza dello stabilimento e quindi l'occupazione stessa dei lavoratori non avranno garanzie. Siamo altrettanto preoccupati per l'indotto e la componentistica che, voglio ricordare, ancora oggi in Piemonte rappresentano oltre 700 aziende, 58mila occupati, con un fatturato che sfiora 20 miliardi di euro".
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