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Qui accanto, a poca distanza dalla cittadella radiotelevisiva intitolata al mitico Biagio Agnes, si combatté la famosa battaglia di Saxa Rubra. Era il 28 ottobre del 312 d.C.. Adesso, all’ora di pranzo in mensa, i giornalisti di destra festeggiano sulle macerie del sindacatone di sinistra, ex sindacato unico come ai tempi dell’Urss, che ha fatto flop nel suo sciopero contro Tele-Meloni. «Ragazzi, un brindisi: noi siamo Costantino e loro sono Massenzio». Il primo vinse quel combattimento al tempo dell’antica Roma, e il secondo capitolò. Corsi e ricorsi storici? Non esageriamo. Ma qui, mentre al bar e nella sala self service scorrono le immagini dei tiggì come fosse un giorno normale - ma non doveva essere una giornata in cui tacevano i notiziari in ossequio alla lotta contro il governo e contro la dirigenza di Viale Mazzini? Certo, se lo sciopero dei giornalisti Usigrai fosse riuscito, ma così non è - , qualcosa di storico è accaduto. Questo: la sinistra viene battuta sul terreno che è sempre stato suo, la Rai, perché un po’ il sindacato di destra Unirai, neonato e in crescita, ha mobilitato tutti per la contro-programmazione - ovvero: «Si lavora!», grida entusiasta il segretario Palese - e un po’ perché anche a sinistra, si veda il caso del Tg1, ci sono state molte defezioni nella chiamata alle armi neo-vetero anti-fascista. In più, la strage degli operai in Sicilia ha spinto il servizio pubblico a mobilitarsi, anche chi non avrebbe voluto, perché insomma la tragedia non la si poteva oscurare.
Rai, sciopero giornalisti Usigrai: ma Tg1 e Tg2 vanno lo stesso in onda
Il direttore del tiggì “ammiraglio”, Giammarco Chiocci, è in fila alla mensa e ci sono anche, sparpagliati, tanti altri graduati: da Petrecca di RaiNews al vice di Rai Sport, Lollobrigida che non è parente, dalla Spadorcia vice al Tg2 a Federica Frangi, alla quale i colleghi si avvicinano: «Allora? Tutto pronto per il tuo sbarco nel Cda Rai in quota FdI?». Lei sorride e glissa. Mentre poco più in là, alcuni cronisti al lavoro chiamano colleghi ed amici in sciopero che si stanno godendo il sole a Fregene: «Avete scelto il mare? Non la montagna per fare la resistenza?». E la guerra degli epiteti è già cominciata: «Crumiri!», dicono quelli di Fregene a quelli di Saxa. La Spadorcia commenta: «Una tensione così non s’è mai vista».
E’ come se il ‘900 si sia preso un altro po’ di tempo e uno dei direttori presenti a Saxa ieri si lancia in un paragone colto e scherzosamente sproporzionato: «Prima c’era in Rai una squadra sola, la sinistra. Ora quelli di sinistra credono di mimare la guerra di Spagna del 1936-1939: anti-fascisti contro fascisti. Ma suvvia...». Daniele Macheda è uno dei capi dei partigiani Usigrai, di cui è segretario, e proclama: «Adesione massiccia ovunque, fallito il boicottaggio di Unirai». Però, alla fine, il bollettino di guerra dice questo: in onda regolarmente, oltre al Tg1 e al Tg2 («In onda col trucco», protesta l’Usigrai: «Per non far vedere le assenze hanno fatto servizi lunghi e sbrodolati»), i notiziari TgR di Puglia (ma Usigrai contesta: precettazioni!) e Molise e vari giornalisti delle redazioni locali hanno realizzato servizi per RaiNews e per le altre testate.
Peppe Malara, del giornale radio, esulta: «Questa è l’alba di un nuovo giorno. Siamo tutti qui al lavoro. Sinistra, adieu!». Il segretario Unirai, Palese, è sempre al telefono. Stacca un attimo e racconta: «Parlavo con il Times di Londra». Sì, telefonano molti giornalisti stranieri, per sapere: davvero, il moloch della sinistra in Rai si sta squagliando e forse diventerete come la Bbc? Oddio, andiamoci piano, specie con la seconda affermazione. Però, Palese - il «capo dei crumiri», così lo chiamano i tele-schleineriani a Saxa ma lui replica: «Non riescono ad accettare il pluralismo sindacale. Ora si lecchino le ferite e abbassino la cresta» - è proprio in estasi. Perché il bollettino della guerra vinta da Costantino contro Massenzio, ovvero destra compatta contro sinistra in ordine sparso e non tutta convinta dell’opportunità di politicizzare così lo scontro quando sarebbe stato meglio fermarsi alle rivendicazioni classiche (più organici, più rilancio), oltre quello che ha detto prima dice anche questo: al Tg2 diretto da Preziosi (che ieri sorrideva armeggiando con il suo telefonino lungo i vialetti e tra gli interrogativi di un caro amico: «Sta parlando con Tajani? Quando parla con lui sorride sempre di soddisfazione, ed evviva i due Antonio») ci sono più non scioperanti che scioperanti e si registra il tentativo di picchettaggio di una parte del Cdr che sta qui nelle redazioni a controllare che nessuno lavori oltre il tempo del proprio turno, affinché manchino forze per coprire tutte la giornata; RaiNews 24 che la è la vice-TeleKabul non chiude affatto i battenti contro il fascismo che avanza; i programmi delle reti in cui lavorano molti giornalisti e anche conduttori di sinistra (dalla Vita in diretta ad Agorà) scorrono sul video come se non fosse in atto una rivolta anti-melonista.
Rai, sciopero giornalisti Usigrai: ma Tg1 e Tg2 vanno lo stesso in onda
TRA KABUL E FLEMING
E il Tg3? Il bunker è vuoto e silenzioso, perché lì sì, nella TeleKabul resuscitata, sono in sciopero tutti quanti. Alle 14 l’edizione salta, alle 12 e alle 19 va in forma ridottissima ma la strage degli operai c’è e non può che essere la prima notizia. In più, la lettura del comunicato Usigrai e della replica dell’azienda. Ci si può aggirare nelle stanze e negli studi dove va in onda il tiggì rimasto in zona dem, e non si incontra nessuno. Tutti a Fregene? Tutti partigiani sul Monte Parioli o sulla collina del Fleming? Tutti convinti, ma in realtà non proprio tutti tutti, che Saxa sia ormai in Ungheria. Ci si può imbattere, nel deserto della palazzina rossa di cuore, ma le mura sono tristemente bianchicce come nel resto della cittadella televisiva, qualche tecnico (lo sciopero non riguarda questa categoria) si gira i pollici e gode: «Almeno per un giorno, mi sto evitando i soliti capricci dei giornalisti che si credono dei fenomeni».
Al Tg1, ore 15,30 il direttore Chiocci è in riunione con gli altri. «Questo pezzo chi lo fa?», «Novità dalla Sicilia?». «L’inviato con lo zainetto lo mandiamo lì o lì?». Come sempre. Ma si fa di conto nella palazzina “ammiraglia”. I presenti al Tg1 che hanno lavorato fino alle 20 sono 49 su 140 giornalisti. Altri 31 non hanno aderito allo sciopero perché si sono messi in ferie e insomma più della metà hanno disertato la protesta. Anche gente di sinistra.
COME AL SOLITO
Occhio, chi è quella brava giornalista che sta in video da Parigi e ci racconta al Tg1 di Macron? E’ Nicoletta Manzione, di area Pd. Sciopera? No. Ed è di destra oppure no, la seconda che hai detto, Liana Mistretta che fa il suo servizio da Mosca? Le edizioni principali del Tg1, fin dal mattino, sono andate in onda as usual. E al netto di qualche curioso che fa notare: perché i due chigisti oggi sono in riposo o in ferie? Perché la vice-direttrice vicina al Pd, Elisa Anzaldo, invece di scioperare insieme ai suoi compagni si è messa di riposo? Di fatto, gli iscritti a Unirai al Tg1 sono appena 12 ma non ha scioperato più della metà dei redattori, quindi la forzatura dello sciopero politico e dell’equazione Meloni è come Orban non è piaciuta anche a molti di sinistra e ad alcuni iscritti all’Usigrai. Ha vinto Costantino di nuovo, insomma. Che comunque non era un fascio.