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Rai, l?Aventino di Schlein crea malumori nel Pd. I nomi del centrodestra

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Ormai il percorso per il nuovo Cda Rai è tracciato, e giovedì la scena sarà questa: nelle due aule del Parlamento (prima la Camera alle 9,30 e poi il Senato alle 10) verranno votati i 4 componenti della governance del sevizio pubblico ma a votarli non ci sarà il Pd. «Scegliamo l’Aventino perché non vogliamo essere complici di TeleMeloni», è la linea di Elly Schlein. Che significa questo: la destra scelga pure i suoi emissari per Viale Mazzini, e la nostra assenza - prima nelle aule delle Camere e poi in commissione di Vigilanza - farà risaltare l’«appropriazione indebita» della televisione pubblica da parte delle truppe chiodate di una maggioranza modello Orban che fa strage del pluralismo.

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Questa la linea, dura, della segretaria. E oggi - in una riunione tra Schlein, Sandro Ruotolo responsabile di queste materie al Nazareno, i capogruppo Boccia e Braga e l’infaticabile capogruppo dem in Vigilanza, Stefano Graziano - con ogni probabilità verrà varata la strategia della fermezza. Che sta creando però diversi mugugni e sussurri critici nel partito, perché restare fuori dalla Rai significherebbe - oltre che spaccare il campo largo, perché Conte il suo consigliere lo fa votare, il fidatissimo avvocato Alessandro Di Majo, e ha scelto quindi una linea dialogante che verrà premiata probabilmente con una direzione di tiggì e si fa il nome di Giuseppe Carboni per Rainew24 - lasciare il monopolio agli avversari e restare con l’unica soddisfazione di poter gridare all’«occupazione manu militari del servizio pubblico» da parte delle destre.

MUGUGNI
Bella soddisfazione, dicono i mugugni interni, e poi? Dopo aver praticato questa auto-esclusione, che cosa si farà: si diserteranno i talk show (improbabile), si rinuncerà a tutti i posti di potere (ma figuriamoci!) che sono tantissimi, ed eccone alcuni di enorme peso aziendale: Rai Cultura, Rai Fiction, Rai Play, direzione dei Palinsesti e via così tra Tg3, Radio3, condirezione TgR e altro? Si allestiranno girotondi intorno al cavallo (morente) di Viale Mazzini? Questo, sì. Si farà il mea culpa per tanti decenni di lottizzazione di sinistra, il che è naturalmente da escludere?

Il timore per la linea della durezza dem serpeggia, più che nel partito, nel mondo Rai tra Mazzini e Saxa dove tanti professionisti, spesso bravi, d’area progressista sono destinati a sentirsi abbandonati dalla corazza che avevano finora e potrebbero, dicono molti di loro, un po’ come avvertimento e un po’ come minaccia, riciclarsi a destra per elaborare il lutto dell’abbandono. E comunque, ci sono ancora un pugno di ore per far cambiare idea alla segretaria e per evitare la manna caduta dal cielo per il centrodestra: ovvero la rottura del campo largo sulla Rai con Conte che non rinuncia al suo consigliere al Settimo Piano e se farà l’Aventino lo farà soltanto in commissione di Vigilanza dove comunque vorrebbe votare un presidente condiviso e di garanzia del servizio pubblico ma, come ha fatto intendere, che non sia Simona Agnes su cui punta Forza Italia («C’è lei e solo lei», dicono però Tajani e Gasparri).

IL PERCORSO
La road map sarà questa: il voto nelle aule giovedì (se confermato l’Aventino, teoricamente la maggioranza potrebbe votare tutti e quattro i consiglieri di nomina parlamentare, ma si accontenterà dei canonici due); venerdì il ministro Giorgetti porterà in consiglio dei ministri i nomi dei due scelti dal Mef che è l’azionista Rai (Giampaolo Rossi come ad e Simona Agnes come presidente, ma per lei poi si tratterà di vedere se avrà i due terzi dei voti in Vigilanza, e per ora ne mancano due); dopo l’assemblea dei soci Rai ratificherà queste nomine e infine il Cda si riunisce per dare il via libera all’ad. Quanto al presidente, sarà la Vigilanza a votare e se al momento sembrano mancare i due voti per Agnes nella maggioranza sono sicuri di trovarli da qualche parte (magari presso i 5 stelle, se non confermano la linea aventiniana che avevano concordato questa estate con il Pd?).

E’ un risiko questo, da cui dovrebbe uscire il seguente schema: Rossi ad, Roberto Sergio da ad a dg, e una presidenza ad interim al consigliere più anziano, o il manager leghista Marano o il giornalista leghista Casarin (la Lega sta scegliendo chi dei due mandare in Cda, favorito il primo perché più anziano). Già il presidente Rai ha pochi poteri, quello ad interim ne avrà pochissimi e per questo Forza Italia non partecipa alla caccia all’anziano. Dice Gasparri: «Anche se avessimo nelle nostre fila Matusalemme, Temistocle, Agamennone o un plurimillenario antico romano, non lo metteremmo in campo per un interim. Continuiamo a puntare per un presidente vero, credibile e serio, ossia Agnes». Mostrano di non avere fretta gli azzurri e di avere le idee chiare. O Simona o Simona. Anche se a Conte piacerebbe trovare un accordo, per ora lontano, su un altro nome condiviso almeno con FdI e Lega.

Lo spettacolo più gustoso della programmazione Rai, al momento, è sicuramente questo. Ed è bello sperare in qualche colpo di scena imprevisto o in un cambio di trama dell’ultimo minuto.

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