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«Nessuno meglio di me sa cosa sta provando Antonella, la madre di Arcangelo Correra. Vorrei abbracciarla e piangere assieme a lei. L’incubo di sabato mattina, l’ho già provato sulla mia pelle. Ed è anche per il dolore che accomuna me e Antonella, che chiedo allo Stato di fare qualcosa per i figli di Napoli: qui girano troppe armi, sono in tanti a vivere con la pistola addosso». Ha il viso stravolto Anna Elia, madre di Renato Caiafa, il 19enne in cella nel corso delle indagini sulla morte del 18enne Arcangelo Correra. Alcune scene hanno scandito la sua esistenza recente: nel 2020 l’omicidio del figlio Luigi Caiafa, ucciso mentre realizzava una rapina con una pistola giocattolo, pochi mesi dopo il delitto del marito Ciro Caiafa, colpito in via Sedil Capuano sotto gli occhi di moglie e figli. Ad assistere a quest’ultimo omicidio, c’era anche Renato, che all’epoca aveva 15 anni appena. Una galleria di dolore che Anna racconta a Il Mattino, nello studio del suo avvocato di fiducia, il penalista napoletano Giuseppe De Gregorio. Spiega l’avvocato: «Siamo in attesa di leggere la ricostruzione investigativa, mi limito a sottolineare - da cittadino napoletano -, l’importanza di interventi finalizzati ad eliminare il pericolo della diffusione di armi in città».
Anna Elia, suo figlio è in cella come responsabile della morte di Arcangelo, che era suo amico di infanzia. Che ragazzo è suo figlio?
«È un bravo ragazzo. Ha compiuto da poco 19 anni, si arrangia a fare l’aiutante pizzaiolo. Cinque anni fa ha perso suo fratello Luigi e il padre in pochi mesi: lascio a lei immaginare cosa si porta dentro mio figlio».
Come sono andati i fatti sabato mattina?
«So solo quello che mi ha detto mio figlio, nel poco tempo che abbiamo passato insieme fino a quando non è stato accompagnato in Questura. Ho le sue parole che mi rimbombano in testa. Mi ha detto: “Mamma vai da Antonella (che è la mamma di Arcangelo) e diglielo che è stato un errore, che non volevo, che non so perché è partito quel colpo”. Mi ha anche raccontato la scena dello sparo: mi ha detto che si stavano passando tra le mani la pistola quando è partito un colpo che ha raggiunto alla fronte Arcangelo».
E cosa è successo poi?
«Arcangelo ha parlato per qualche secondo. Ha detto agli amici di non preoccuparsi “che non era successo niente”, fino a quando poi ha perso conoscenza. Lo hanno portato in sella allo scooter in ospedale».
Ma quella pistola era di suo figlio?
«Escludo che fosse di sua esclusiva appartenenza. Chi possiede un’arma ha soldi, perché le pistole costano, e mio figlio non ne aveva di soldi. Lavorava a giornata in pizzeria, poi ci chiedeva dieci o venti euro per la benzina di tanto in tanto. Non poteva essere sua quell’arma. Sono madre di un ragazzo ucciso e vedova di un uomo morto ammazzato, non gli avrei mai consentito di custodire una pistola».
Cosa chiede oggi alle istituzioni?
«Di intervenire tra i vicoli di Napoli, di garantire un futuro ai nostri figli. Per me lo Stato è processi, forze dell’ordine, provvedimenti restrittivi. E ho sempre perso con lo Stato, anche quando scoppiò il caso della rimozione del Murale dedicato a mio figlio: lo hanno tolto, lo Stato ha vinto, ma io vedo ancora tanti ragazzi armati in giro».
Oggi Napoli piange la morte del 18enne Arcangelo.
«E io piango per lui. Poteva accadere a mio figlio, dopo il dramma di Luigi. Oggi ho un solo desiderio: abbracciare Antonella, piangere con lei, in attesa che qualcuno salvi i nostri giovani».