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Rieti, Ada non vedente vince concorso in Comune. I colleghi assicurano: «È la più brava di tutte»

6 mesi fa 4
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RIETI - È nata in Albania e cresciuta in Trentino, ha studiato a Bologna con master a Londra e poi è approdata a Rieti. Dove intende restare. Ada Fama, 33 anni, lavora dal 2021 all’Ufficio Fondi europei e Progetti speciali del Comune di Rieti.

La testimonianza. «Sono arrivata qui per amore, poi il legame è finito e sono rimasta, ormai è la mia città». Ada nasce con un glaucoma, conserva qualche residuo visivo di quando era bambina, poi diventa completamente cieca: «Dall’Albania, grazie a un’associazione di volontariato, sono stata ospitata a Verona, dove ero in cura. A 9 anni, con la famiglia, abbiamo avuto il supporto per trasferirci in Trentino, mi sono iscritta a giurisprudenza a Bologna, ho fatto il master al King’s College di Londra, poi arrivo a Rieti: ho vinto un concorso in Comune. E faccio un secondo master in europrogettazione». Quando accedi ai concorsi pubblici, è richiesta l’idoneità fisica: «Una logica arbitraria, che sa di vecchio, perché non sai mai se l’ente è fornito della strumentazione di cui un non vedente ha bisogno, che a Rieti hanno trovato molto velocemente», spiega Ada. «Prima del concorso ho spiegato che avrei dovuto fare le prove scritte con il mio pc e poi qualcuno avrebbe dovuto trascriverle: mi sono trovata davanti l’allora dirigente Manuela Rinaldi, mi fece sentire a mio agio».

Il cammino. «Lavoro con un display Braille e un lettore vocale che sintetizza lo schermo, per questo spesso ho le cuffie». E tra i dipendenti del palazzo, corre voce che sia in assoluto la più veloce e produttiva: «Non ho mai sentito il peso della disabilità per il lavoro. Non mi è stato risparmiato niente e ho ricevuto tanta fiducia nell’assegnazione dei compiti. Ringrazio anche il mio attuale dirigente, Emiliano Di Giambattista». Pregiudizi, pietismi, imbarazzi? Ada possiede intelligenza e ironia di chi sa riderne: «Mi capitano cose divertenti. Siamo diversi e ciascuno approccia a modo suo, ma il modo migliore è chiedere e partecipare alla vita della persona, per superare gli imbarazzi. Come ha fatto la mia manicure, che mi ha detto in modo carino come doveva fare con la scelta del mio smalto per unghie: ho la fortuna di ricordare i colori». Nella vita di tutti i giorni, Ada si gestisce la vita in modo del tutto autonomo. «È una città accessibile, fermo restando che ci sarebbe un po’ di lavoro da fare a livello di sensibilizzazione, ma quello capita ovunque». Qualche esempio? «Vorrei studiare una tattica efficace per spronare le persone a parcheggiare bene. Abito in centro, parcheggiano davanti al mio portone e faccio fatica a individuarlo o sono costretta ad appiattirmi contro il muro: non è piacevole né sicuro. Per il resto trovo grande gentilezza». Tanti, gli esempi: «Un giorno in viale Canali un signore mi vide strisciare il bastone bianco a destra e sinistra, mi ha chiesto perché stessi spazzando a terra: quando ha capito si è mortificato, io l’ho trovato divertente. Quello che non sopporto è il pietismo, ben diverso dalla disponibilità». Dalla casa al lavoro, la vita di Ada sembra quella di una superdonna: «Ma no, mi aiuto con l’organizzazione, la tecnologia. Non direi che sviluppiamo di più gli altri sensi, li utilizziamo al meglio: riconosco i colleghi da profumo, odore del fumo, suono delle chiavi. dal passo. Abbiamo scherzato quando ho fatto una relazione descrittiva parlando dei colori dei laghi Lungo e Ripasottile, eppure mi sembra di vedere il Terminillo o il giallo della Piana». Ada ha apprezzato la cortesia dei reatini, e sono in tanti ad aver toccato in prima persona gli aspetti della sua vita: «Ho scelto gli arredi di casa, nei mobilifici mi facevano toccare i campioni e rimanevano basiti, molti hanno imparato qualcosa in più sulle potenzialità del tatto. E che dire dell’elettricista, oggi amico, a cui ho detto che mi aveva montato l’interruttore storto: era vero, ma non si vedeva. Sono soddisfazioni».

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