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Risse, insulti, provocazioni: Parlamento come un saloon. Tensione al Senato: Menia (FdI) e Croatti (5S) cercano di colpirsi

5 mesi fa 1
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Urla, cartelli, risse sfiorate e giacche tolte per protesta. Interventi in Aula contestati e lavori sospesi. È il clima da pazzi di fine campagna elettorale che si respira in parlamento, coi commessi costretti a intervenire anche fisicamente per placare le esuberanze di deputati e senatori. A dieci giorni dall'election day, sale la tensione nei partiti e schizza la temperatura di Camera e Senato, con la casa della democrazia che ieri è sembrata più una curva da stadio.

La tensione a Montecitorio sale durante il question time al ministro della Difesa, illustrato dal deputato M5S Marco Pellegrini e condotto in replica dal capogruppo Francesco Silvestri. Crosetto annuncia che sta pensando di rivedere, almeno in parte, il segreto sulle informazioni riguardanti l’invio di armi in Ucraina. Il gruppo parlamentare M5S non ci sta, i deputati si alzano in piedi e mostrano alcune magliette con la scritta "pace". E poi urla: «Basta armi». Qualcuno equivoca un «Bastardi», la tensione sale. Due deputati si avvicinano ai banchi del governo e mostrano a Crosetto cartelli con la scritta “Basta armi”, poi altri slogan di pace. Il presidente di turno Sergio Costa interviene ma non sospende la seduta, malgrado la diretta televisiva, e si va avanti. 

LA CANNABIS

Poco dopo il segretario di +Europa Riccardo Magi, interrogando il ministro Urso sulla cannabis light, cerca di avvicinarsi ai banchi del governo per consegnargli una bustina di cannabis light. Anche qui Costa richiama tutti all'ordine, sotto i riflettori della diretta tv. Per il capogruppo Fdi, Tommaso Foti, bisogna intervenire: in Aula va tenuto un atteggiamento consono, tanto più durante le dirette televisive. «Questi comportamenti devono avere le necessarie conseguenze - chiede - altrimenti l'Aula diventa ingestibile durante le dirette tv. Ci sta la protesta, ma non nei momenti in cui si va a penalizzare chi viene dopo, visto che gli spazi televisivi sono predeterminati. Non si utilizzi la diretta per proteste che possono essere fatte fuori, anche con più eco». 

Video

La miccia a Palazzo Madama si innesca durante la discussione sul premierato, su cui si procede a tappe forzate verso l'approvazione (voto finale previsto il 18 giugno). Protagonisti Roberto Menia (FdI) e Marco Croatti (M5S), quasi venuti alle mani mentre si stavano votando gli emendamenti all'art. 3 della riforma. Gli animi si scaldano durante l'intervento di Ettore Licheri (M5s), critico nei confronti di governo e maggioranza. Cominciano gli insulti tra i due lati dell'Aula. Poi interviene Peppe De Cristofaro di AVS e i battibecchi tra le fazioni proseguono, tanto che Menia abbandona il proprio banco e scende al centro dell'emiciclo, puntando in direzione dei senatori M5s. A bloccarlo il questore Antonio De Poli, cinque legislature alle spalle e tanta esperienza di bagarre e tensioni d'Aula. Croatti però imita Menia, lascia il proprio scranno e raggiunge il senatore FdI, bloccato dai commessi che si sono frapposti in massa tra i due. La vicepresidente Anna Rossomando sospende la seduta e il presidente Ignazio La Russa convoca subito una riunione dei capigruppo, incaricando il questore di fare luce sulla vicenda. Alla fine ognuno ha la sua versione: Menia sostiene di esser stato provocato dal capogruppo dem Francesco Boccia per aver mostrato il posteriore a maggioranza e governo («era con le terga sul tavolo, con le spalle rivolte ai senatori, io gli ho detto finora sei stato con il fondoschiena»). Dice anche di esser stato insultato. Boccia respinge le accuse e chiede sanzioni per Menia: «È stata aggressione fisica». Smorza i toni il capogruppo Fdi Lucio Malan: «Non chiamiamo aggressione quello che è un momento di forte animosità». Protegge il suo senatore Giuseppe Conte: «Conosco Croatti, è un tipo tranquillo. Chissà che hanno fatto per provocarlo».

LA GIACCA

Tutto finito? Niente affatto, perché nel pomeriggio, esaminando il ddl sul premierato, l'opposizione inscena un'altra protesta che impone la sospensione di seduta. Contro il contingentamento dei tempi deciso dal centrodestra, tutti i parlamentari si tolgono la giacca, obbligatoria per il regolamento del Senato. Ironizza Forza Italia: «La sinistra migliora. Quando era al governo toglieva le mutande agli italiani, ora si limita a togliersi la giacca».

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