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Roma, dipendente Ama porta il computer a riparare ma il «tecnico dei pc» scopre 500 video hot con minori: arrestato

11 ore fa 1
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Aveva portato il suo computer in assistenza, sicuro che nessuno avrebbe scoperto il terribile segreto che nascondeva. Un gesto di distrazione o forse di troppa sicurezza che ha portato un 60enne dipendente dell'Ama in carcere con l'accusa di detenzione di materiale pedopornografico. La denuncia alle forze dell'ordine è arrivata proprio dal tecnico che si occupava del pc, il quale, appena visto tutto quel materiale raccapricciante - circa 500 video di bambine violentate da adulti - ha denunciato l'uomo alla polizia. Ma non erano tutti i video in possesso dell'uomo, a casa infatti aveva altri due hard disk con circa due mila immagini dello stesso tipo. Quindi l'arresto in flagranza, previsto nei casi - come questo - di detenzione di ingente materiale, disposto dal titolare delle indagini, il pm Antonio Verdi.

LE ACCUSE

Non si è giustificato in nessun modo il 60enne quando due giorni fa gli agenti della polizia sono arrivati nella sua abitazione in zona Casal Lumbroso, nella periferia sud di Roma. Presente in quel momento la moglie, rimasta attonita. L'uomo visti gli agenti si è mostrato collaborativo e ha consegnato loro gli atri due hard disk che aveva in casa, contenenti migliaia di video, la maggior pare di bambine. Il dipendente della municipalizzata romana aveva portato il suo pc in un centro per la riparazione lo scorso 27 dicembre.

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Probabilmente, a causa delle feste di Natale, quel computer non è stato visionato da nessun tecnico fino ai primi giorni del nuovo anno. Poi, una volta acceso, la terribile scoperta. Erano diverse le cartelle contenute nel pc, al loro interno circa 500 video. I tecnici non hanno avuto dubbi: quell'uomo doveva essere denunciato e il suo computer consegnato alle forze dell'ordine. Quindi la chiamata al 112 e la denuncia. Di tutti i video ritrovati per ora ne sono stati visionati dagli inquirenti solo alcuni, tra questi centinaia di bambine costrette a subire rapporti da adulti. Una raccolta, presumono gli inquirenti, andata avanti per diversi anni, da parte di un uomo, 60enne, che apparentemente aveva una vita normale. Per lui due giorni fa si sono aperte le porte del carcere e ora dovrà affrontare un processo per detenzione di materiale pedopornografico. Un reato terribile ma molto frequente. Secondo i dati della polizia postale, nel 2024 in Italia il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (Cncpo) ha portato avanti oltre 2.800 indagini, eseguito 1.000 perquisizioni, effettuato 144 arresti e denunciato 1.028 persone.

IL PRECEDENTE

A fine ottobre era finito in manette per lo stesso reato un usciere della Sovrintendenza capitolina ai beni culturali. Sei mila i video trovati in suo possesso, ritraenti bambini, anche di appena due mesi, costretti a subire atti sessuali da parte di adulti. Il suo arresto era avvenuto al termine di un'indagine internazionale della polizia postale, volta al contrasto della pedopornografia. «Non li ho girati io i video, li ho solo scaricati», aveva provato a giustificarsi il 57enne, al momento dell'arresto, avvenuto in flagranza di reato il 24 ottobre scorso per l'ingente quantità di file trovati in suo possesso, la maggior parte dentro la sua abitazione, ma qualcuno anche sul posto di lavoro, nell'armadietto a lui assegnato. A portare la polizia postale sulle tracce dell'uomo l'indirizzo Ip del suo computer, dal quale risultava fossero stati scaricati migliaia di file da ben 18 diversi siti web. Le immagini erano poi state salvate su diversi dispositivi di appartenenza dell'uomo: tre smartphone, una pen drive, 10 chiavette usb, sette dvd, due pc, due pen drive. Tutti dispositivi trovati dalle forze dell'ordine al momento della perquisizione, tra la sua abitazione e il posto di lavoro. Le scuse del 57enne per evitare l'arresto non sono bastate. L'uomo aveva detto agli inquirenti che lo avrebbe fatto «perché avevo problemi con mio marito». A preoccupare gli inquirenti in quel caso non era stato solo il gran numero di file, ma il fatto che tra le vittime di «atti sessuali posti in essere da adulti» ci fossero anche bimbi poco più che neonati.

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