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Roma può non fare la fine di Amsterdam

2 giorni fa 1
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Alberto Busacca 11 novembre 2024

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L’Europa, per gli ebrei, non è più un “Paese sicuro”. Ne stiamo avendo la conferma in questi giorni. Anche andare a vedere una partita di calcio può essere pericoloso. Sappiamo com’è finita ad Amsterdam, con la caccia all’israeliano scattata al termine dell’incontro di Champions tra Ajax e Maccabi Tel Aviv. E adesso c’è il terrore che le stesse scene possano ripetersi in occasione della sfida di Nations League in programma a Parigi il 14 novembre, giovedì prossimo. Si era parlato di un possibile spostamento del match in un’altra sede, per evitare guai. Ma poi il ministro degli Interni francese, Bruno Retailleau, ha confermato che si giocherà regolarmente allo Stade de France: «Non ci tiriamo indietro, perché ciò equivarrebbe a rinunciare di fronte alle minacce di violenza e all’antisemitismo». Già, giustissimo. Però non sarà una partita come le altre. Le misure di sicurezza saranno imponenti, con le autorità che pensano di isolare un perimetro insolitamente ampio e di schierare la bellezza di 2mila agenti. Gioca Israele, non si può stare tranquilli...

A conti fatti, noi italiani dobbiamo quasi sentirci fortunati. Sì, perché noi la sfida di Nations League contro Israele l’abbiamo già giocata, a metà ottobre a Udine. Ed è stata una giornata tranquilla, con gli azzurri che hanno vinto 4-1 e nessun incidente. Certo, c’è stato il corteo di protesta dei pro-pal fuori dallo stadio e anche qualche fischio all’inno di Israele, ma insomma, niente di paragonabile a quello che abbiamo visto ad Amsterdam. Non solo. Venerdì sera, dopo la caccia all’ebreo in Olanda, all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno si è giocato il match di Eurolega di basket tra la Virtus Bologna e gli israeliani del Maccabi di Tel Aviv: anche in questo caso tutto si è svolto regolarmente, senza fischi, cori denigratori o striscioni antisemiti.

«AGIRE ORA»

E quindi? Il problema dell’antisemitismo non ci riguarda? Siamo un’oasi felice? Eh no, le cose purtroppo non stanno così. Lo abbiamo visto ieri all’ormai tradizionale corteo in favore della Palestina che si svolge ogni sabato a Milano. Tra uno striscione anti-Israele e una foto di Sinwar, infatti, un ragazzo col megafono ha chiesto «un applauso ai ragazzi di Amsterdam». Spiegando: «In questi giorni abbiamo visto come i nostri fratelli, in Olanda, hanno agito contro il sionismo.

Questa è la solidarietà. Anche in Italia non possiamo continuare solo a scendere in piazza, dobbiamo agire nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle manifestazioni, in ogni spazio. Bisogna agire ora, non domani».

Ecco. Bisogna agire, dicono. Quello che succede ad Amsterdam, a Parigi, a Bruxelles, domani può succedere anche qui. È solo una questione di tempo. In Francia, secondo il rapporto 2023 dell’Insee, l’istituto di statistica francese, i musulmani sono il 10% della popolazione, circa sette milioni di persone. In Olanda siamo sopra al 6%. Noi da certe cifre siamo ancora lontani (Ismu Ets stima che i musulmani residenti in Italia siano circa un milione e mezzo), ma ci arriveremo. E allora è chiaro che l’immigrazione deve essere controllata e gestita. Che non dobbiamo iniziare a considerare normale che anche nelle nostre strade si inneggi ai terroristi islamici o si facciano applausi a chi va in giro a picchiare gli ebrei (come successo a Milano ieri). Che non dobbiamo iniziare a considerare normale che un gruppo di musulmani si raduni in piazza gridando «Allah Akbar» (come successo l’anno scorso a Monfalcone). Che non dobbiamo iniziare a considerare normale che una ragazzina di 14 anni venga picchiata e costretta a indossare il burqa (come successo a Viterbo nel 2020, con i genitori che sono attualmente a processo per maltrattamenti). Che non dobbiamo iniziare a considerare normale che le nostre città siano piene di moschee abusive (oltre cinquanta soltanto a Roma, di cui la metà considerate dal Viminale a medio-alto rischio di radicalizzazione terroristica). Quello che è successo ad Amsterdam è una lezione anche per noi. E, restando in tema calcistico, fare finta di niente sarebbe un clamoroso autogol. 

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