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Claudia Osmetti 06 gennaio 2025
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Fa subito orso Yoghi. Però in salsa giuridica. Perché qui non siamo nel parco di Jellystone, al posto del cestino della merenda ci sono quattro (succulenti) prosciutti e, soprattutto, questo non è un cartone animato. È la realtà. Un po’ surreale, se vogliamo, magari con un retrogusto di farsesco che il sorrisino te lo lascia stampato sulle labbra, però vera quanto un’aula di tribunale, un giudice, un avvocato difensore e un processo con tanto di sentenza bollata (e, probabilmente, impugnabile).
Crni Lug è un villaggetto della contea di Primorje-Gorski Kota, in Croazia, nell’entroterra del Paese, a qualche chilometro da Fiume. Ci vivono a malapena 200 persone a Crni Lug, e sono tutti croati abituati alla terra. Coltivatori, allevatori. Il loro è un piccolo paesino rurale che d’estate spicca dal verde delle colline e d’inverno è ricoperto di neve come da noi certi borghi arroccati sulle alpi. Scorazza anche una cinquantina di orsi nei boschi attorno a Crni Lug. Ed è uno di loro, per l’esattezza un plantigrado femmina, forse con qualche cucciolo al seguito, che finisce alla sbarra. Sì, per colpa di quei quattro prosciutti appesi uno accanto all’altro nella cantina di un’abitazione. Tre anni fa. Quindi il 2022.
Con l’incubo del Covid appena finito e la voglia di ritornare alle abitudini (sociali) di sempre. Epperò anche quel furto. Che sospetto, siamo onesti, lo è per davvero: un prosciutto intero pesa mediamente sette chilogrammi, per quattro fa un bottino di 28 chili, non è esattamente la refurtiva più comoda da trasportare se si deve correre a gambe levate verso una macchina parcheggiata in strada e pronta alla fuga. Poi, anche ammesso che sia andata così, quei cosciotti di maiale che fine hanno fatto? Sono stati rivenduti o hanno imbandito una tavola? E in questo caso, di chi? Domande legittime, ma che non si pone il proprietario di quell’abitazione a Crni Lug quando si accorge della dispensa defraudata. Perché lui, di dubbi, non ha alcuno: dice che a rubargli quei quattro prosciutti è stato un orso che gli ha pure sfasciato una finestra e le relative tapparelle. Di più, la sua versione viene supportata da un testimone vicino di casa che non si fa problemi, davanti alle autorità, a raccontare che sì, proprio quel giorno, e proprio in quella zona ha visto un’orsa aggirarsi con fare sospetto nei paraggi dell’appartamento colpito dal furto. Assieme a lei c’erano anche alcuni piccoli.
Vuoi l’odore, vuoi la fame, vuoi che un’animale non conosce esattamente il concetto di proprietà privata. Così l’uomo (l’abitante di Crni Lug) va al comando delle forze dell’ordine più vicine e sporge regolare denuncia. Contro animali (non del tutto) ignoti: nel senso che lui è sicuro, è stato un orso, dopodiché individuare esattamente quale mica è sua competenza. E visto che la responsabilità penale (in Croazia come da noi) non è ancora possibile attribuirla a una specie che non sia umana, per il rimborso di un risarcimento stimato di 730 euro finiscono invischiati sia la società venatoria del posto sia il Comune di Delnice (di cui fa parte Crni Lug) sia, per non farsi mancare nulla, pure la repubblica croata. Fine? Neanche per idea, perché (a questo punto) la macchina della giustizia è azionata e il procedimento deve per forza instaurarsi. E allora via, teste alla sbarra, perizie presentate con tutti i sacri crismi della burocrazia giuridica (un tecnico della società venatoria ammette di aver accertato una conta di danni per 550 euro), analisi, requisitorie e arringhe. Ovviamente, il verdetto finale. Che finale non lo è per niente perché il proprietario di casa defraudato di quattro prosciutti con ogni probabilità ricorrerà in appello dato che la sua «richiesta di risarcimento viene bocciata» in quanto non ci sono nè «prove schiaccianti nè fotografie che dimostrino l’agire di un orso» sul luogo del saporito furto. In compenso, però, proprio lui è stato condannato al pagamento delle spese processuali (che si aggirano introno ai 913 euro).