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Sessantaquattro mesi dopo i fatti, ventiquattro udienze, tre anni di processo, 45 testimoni e una ventina di parti civili costituite, arriva la sentenza: Matteo Salvini, imputato davanti al tribunale di Palermo per i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio per il “caso Open Arms”, è assolto perché «il fatto non sussiste». Le motivazioni saranno pubblicate entro 90 giorni.
Sono da dieci minuti passate le 19,30 - in ritardo di un’ora e mezza rispetto alle previsioni della mattina- quando il presidente della seconda sezione penale del tribunale di Palermo, Roberto Murgia, tra i giudici a latere Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa, legge il dispositivo della sentenza che assolve su tutti i fronti il vicepremier e attuale ministro dei Trasporti.
Salvini rispondeva di atti commessi quando occupava un altro ministero, quello dell’Interno, ai tempi del governo gialloverde Lega-M5S con Giuseppe Conte presidente del Consiglio. Al centro della battaglia giudiziaria che si è conclusa ieri, il ritardo di 19 giorni con il quale avvenne lo sbarco di 147 migranti, tra cui 27 minori, raccolti con tre distinte operazioni di soccorso dalla ong spagnola Open Arms nell’agosto del 2019.
SUCCESSO PIENO
Salvini è stato assolto da entrambi i capi di imputazione. Per i pm di Palermo è una sconfitta su tutta la linea, come sintetizza Giulia Bongiorno: «È stata un’assoluzione piena, e tra le formule assolutorie è stata scelta quella più piena: che non sussiste alcun reato. Non si tratta di un’assoluzione con qualche “ma”, qualche “se” o con qualche “però”. Non è una sentenza contro i migranti, ma contro chi sfrutta e strumentalizza i migranti per fini politici».