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Tutto come previsto. Questa mattina alla Camera non è passata la mozione di sfiducia delle opposizioni contro la ministra del Turismo Daniela Santanchè, bocciata dalla maggioranza di centrodestra con 213 voti contrari. Risultato identico a quello di ieri - quando a finire sul "banco degli imputati" era stato il vicepremier Matteo Salvini - e alla stragrande maggioranza dei precedenti (unico dimissionario fu il Guardasigilli Luigi Mancuso nel 1994). Pallottoliere alla mano, quindi, sembrerebbe allontanarsi lo spettro di un passo indietro da parte della senatrice finita nell'occhio del ciclone prima dei guai giudiziari della sua azienda Visibilia e, poi, del ricorso fatto da quest'ultima ai fondi Covid. Tant'è che la ministra, non presente in Aula perché a Napoli al museo ferroviario di Pietrarsa per partecipare al "Meet Forum - Il turismo sostenibile", a voto acquisito si è subito detta «assolutamente tranquilla», e concentrata sul «fare il mio lavoro qua oggi, come ieri e come farò domani». Alle porte ci sono del resto le elezioni europee, con una campagna elettorale che già sta infervorandosi. Disinnescare questa mina il prima possibile, rinsaldando la poltrona del Tursimo, era non a caso uno degli obiettivi del centrodestra che, ora, può provare a muoversi compatto verso giugno e oltre. A patto però che la ministra non si complichi la posizione giudiziaria della ministra.
Tra gli addetti ai lavori e parlamentari della maggioranza è infatti forte la convinzione che il punto di svolta nell'esecutivo, e anche per Santanché, ci sarà sul finire dell'estate. Se come dicono i sondaggi in questo momento, le urne faranno pendere l'equilibrio governativo ancora di più verso FdI, c'è chi dà per scontato un rimescolamento delle carte. Vale a dire che il partito di Giorgia Meloni - che già potrebbe trovarsi nella condizione di "perdere" un ministro per mandarlo a Bruxelles come Commissario Ue in autunno - potrebbe chiedere qualche casella ministeriale in più per sé, causando un effetto domino di recriminazioni che difficilmente metterebbe al riparo la ministra. Superato il voto di giugno (e archiviato il G7 italiano che si terrà una settimana dopo), a inizio luglio potrebbe aprirsi la finestra ideale per plasmare la nuova formazione del governo. Più o meno quando sono attese nuove indicazioni su Santanché dagli inquirenti. Se la ministra dovesse finire con l'essere rinviata a giudizio Meloni potrebbe chiederle un passo indietro (ipotesi già prospettata anche dalla Santanché) dando il là al grande gioco del rimpasto.
Un'eventualità che per quanto verosimile, non tutti in FdI considerano scontata.
E non solo perché l'iter giudiziario è tutto da verificare o perché c'è nel governo un precedente (con le dovute differenze, Salvini è a processo per la vicenda Open Arms), ma perché prima di aprire una crepa come questa in maggioranza la premier si prenderà tutto il tempo possibile. «Le dinamiche interne non devono sovrastare la gestione del Paese e, soprattutto, non devono mostrare un'Italia debole all'estero» spiega un fedelissimo di via della Scrofa. Innescare la dinamica che porterebbe Santanché fuori dall'esecutivo rischia di essere un'arma a doppio taglio perché rifletterebbe l'immagine di un governo indebolito proprio quando in Europa bisogna trattare per ottenere un Commissario di peso. Un intreccio articolato che però diverrebbe irreversibile qualora la ministra dovesse essere condannata. A quel punto, spiegano le stesse fonti, «non c'è garantismo che tenga», la titolare del Turismo dovrebbe «farsi da parte».