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Campione sportivo, icona pop, attore da 20 milioni di dollari a film, governatore della sesta economia del mondo, filantropo, motivatore. Non c’è ruolo che Arnold Schwarzenegger non abbia ricoperto attraversando epoche, ambienti, situazioni tra le più disparate, uscendone sempre vincitore. Una figura, la sua, che mai come oggi l’America – in crisi di identità e di riferimenti – torna a scoprire e ad apprezzare. è di oggi la notizia che, nonostante il recente intervento chirurgico al cuore, è "pronto a girare" la seconda stagione 'Fubar' già da aprile. All'inizio del mese l'attore ha subito un intervento al cuore per mettere un pacemaker e, intervenendo al podcast 'Arnold's Pump Club', aveva scherzato: "sono diventato un pò più una macchina". La star di Terminator, 76 anni, su Instragram ha, quindi, rassicurato i fan sul suo stato di salute e anche sulla produzione della serie targata Netflix che non subirà interruzioni: "Ho ricevuto tanti messaggi gentili da tutto il mondo, ma molte persone mi hanno chiesto se il mio pacemaker causerà problemi con la seconda stagione di Fubar. Assolutamente no. Sarò pronto per girare già ad aprile",
Nella serie di Netflix, interpreta il ruolo di Luke Brunner, un agente della Cia prossimo al pensionamento, che a causa di un segreto di famiglia, è costretto a tornare sul campo per un ultimo lavoro. Esattamente la sua filosofia di vita, come spiega nel libro “Renditi utile. Sette regole per cambiare la tua vita”, (Longanesi). “È quello che mi ripeteva sempre mio padre, quando mi vedeva allenarmi davanti allo specchio: ma perché non vai invece a spaccare la legna? Renditi utile!”, racconta lui al pubblico newyorkese della 92Y, divertito dal suo umorismo e da aneddoti che da soli riempirebbero tre vite, mica una. Come il suo arrivo a New York, negli anni 70. “Feci un’esibizione al Whitney Museum: io in una stanza e cinque critici d’arte che dovevano analizzarmi come se fossi un’opera. Pensavo non sarebbe venuto nessuno, invece c’era la fila fuori di centinaia di persone. Conobbi Andy Warhol, mi invitò alla Factory e un pomeriggio mi ritrovai in una stanza con decine di uomini nudi, un progetto al quale stava lavorando. Diventammo amici, tanto che venne anche al mio matrimonio con Maria”. Maria che di cognome fa Shriver ed è nipote dell’ex presidente John Fitzgerald Kennedy: sposata nel 1986, divorziati nel 2011 a causa dell’infedeltà di lui e di un figlio concepito con la domestica.
Il dolore e la fine della sua famiglia l’unico rimpianto di una vita condotta guardando sempre avanti, alla sfida successiva. “Ho sempre avuto una chiara immagine di cosa volevo fare e diventare. Ero campione di body building ma già mi vedevo star di Hollywood. Ero attore famoso e pagato nei film di azione e già mi vedevo protagonista di commedie. Mi dicevano che con il mio cognome e con il mio accento non ce l’avrei mai fatta, e invece io lo sapevo”. Il passaggio alla commedia lo deve al regista Ivan Reitman: è il primo a capirne il potenziale comico a patto di essere inserito nel contesto giusto che infatti arriva con la sceneggiatura di Twins. Schwarzenegger accetta subito, con un ingaggio minimo: al suo posto chiede una percentuale degli incassi. Twins finisce per guadagnare più di cento milioni di dollari al botteghino americano, più altri 200 a quello internazionale. “Ho sempre fatto buoni investimenti”, scherza ma neanche tanto: il successo passa anche per i soldi che non sono argomento tabù, anzi.
Quella fame di vita che ha da quando bambino, in Austria, sognava di essere figlio di un soldato americano, è la realizzazione del sogno americano, fatto di grande lavoro e anche di consumismo. Le macchine, le case, i sigari, i terreni comprati per 50 mila dollari e che adesso valgono milioni. “Lo ripeto sempre: la mia vita è stata possibile solo qui, in Usa. Per un immigrato come me è stata la terra delle possibilità. E credo che lo sia ancora: ovunque vado c’è gente che mi chiede di aiutarla ad ottenere il visto per lavorare e vivere qua. Mica mi chiedono di aiutarli a vivere in Russia o in Cina. Devo tutto a questo paese ed è per questo che ho voluto restituire parte della mia fortuna”. Prima con la carriera politica, oggi con un ruolo tra il guru e il divulgatore di regole di vita anche semplicistiche del tipo “createvi un’immagine mentale” o “siate bravi a vendere la vostra idea perché un’idea buona che nessuno conosce è inutile”. Massime un po’ spicce che si alternano a riflessioni più profonde, per esempio sulla retorica dell’uomo che si è fatto da solo: “odio questo termine. Nella mia vita sono stato aiutato da così tante persone. Nel cinema, sui set, così come nella carriera politica. Non ho fatto nulla da solo, ma sempre grazie al sostegno di altri che hanno fatto in modo che io avessi successo. È per questo che adesso voglio aiutare gli altri a esprimere le loro potenzialità, perché qualcuno l’ha fatto con me. Restituire e fare, muoversi invece di lamentarsi: sono i due insegnamenti più grandi della mia vita”.