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Se un tetto sulla testa non è più un diritto

3 giorni fa 1
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Siamo arrivati al Natale coi suoi molti significati, alcuni dei quali credo risuonino anche alla coscienza di chi non ha riferimenti religiosi. Natale è ad esempio la storia di una famiglia in viaggio, che non trova dove sostare. «Non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2, 7): così una giovane donna è costretta a partorire dentro un rifugio di fortuna, ai margini del centro abitato.

È un’immagine che fa riflettere sui tanti «presepi» che purtroppo rappresentano una realtà quotidiana nelle nostre città. Tante le famiglie respinte ai margini e costrette a vivere dentro spazi inadeguati, difficili da definire case. Tanti gli uomini e le donne sotto ricatto, che pagano a carissimo prezzo sistemazioni illegali e fatiscenti. Tante le persone per le quali sembra non esserci posto, e che quel posto lo cercano agli angoli delle vie, sotto i portici o fra i binari delle stazioni.

Ci sono le situazioni di povertà estrema, di disagio psichico o di invisibilità legata alla mancanza di documenti validi, e ai tempi lunghi della burocrazia per ottenerli. Ma ci sono anche situazioni di relativo benessere, che tuttavia si vedono precluso l’accesso a un alloggio decente: famiglie straniere regolari con un salario fisso, studenti universitari, giovani coppie con lavori precari incapaci di trovare un appartamento, pur potendolo pagare.

Quella per il diritto alla casa, negli anni Settanta e Ottanta, è stata una delle prime battaglie del Gruppo Abele a Torino, e di tante altre realtà in Italia. Allora lamentavamo la mancanza di vani disponibili per accogliere chi arrivava in città in cerca di lavoro e futuro. Chiedevamo un’edilizia sociale per fare fronte a quella crescita demografica impetuosa. Ma oggi è tutto diverso, perché le nostre città si spopolano e le case rimangono vuote… Come è possibile allora che tante persone siano escluse dal diritto a un abitare dignitoso?

Se lo sta domandando un vasto movimento di associazioni e gruppi che a livello nazionale ha deciso di incrociare informazioni ed esperienze. Si chiama Social Forum dell’Abitare ed è composto da realtà che conoscono bene il fenomeno, perché ogni giorno si adoperano accanto alla gente che cerca disperatamente un tetto, senza nessuna stella cometa a guidarla.

Fra i tanti problemi individuati, il principale è politico: continuare a vedere nel «mattone» solo uno strumento di ricchezza privata, e non anche di giustizia sociale. Un atteggiamento purtroppo confermato dalle reazioni allarmistiche di alcuni nei confronti di iniziative locali che cercano risposte all’emergenza abitativa; senza voler generalizzare, perché altri sono invece per fortuna aperti al confronto.

Gli studi delle associazioni convergono su alcune proposte. Sul piano degli affitti, servono forme efficaci di mediazione fra proprietari e inquilini, garantendo ai primi il rispetto dei propri beni, e ai secondi canoni abbordabili. Sul piano dell’edilizia pubblica bisogna valorizzare il patrimonio esistente, investendo nella rigenerazione degli immobili in degrado, anziché promuovere una nuova cementificazione degli spazi. Quando pensiamo alle persone più fragili, dobbiamo estendere l’accesso alla residenza, combattere il razzismo abitativo e la speculazione dei «ras delle soffitte». Ma è necessario anche convincere chi detiene grandi proprietà immobiliari a renderle disponibili, con le dovute tutele. In sintesi: richiamare l’attore pubblico alle sue responsabilità, e difendere i diritti di chi non ha nulla di fronte alle paure e all’inerzia di chi ha molto!

Purtroppo oggi fa più notizia l’episodio – grave certo, ma isolato – di un’occupazione abusiva da parte di affittuari imbroglioni, piuttosto che il dramma quotidiano di persone sfrattate oppure respinte dai circuiti di locazione. E se è vero che il turismo è un motore di sviluppo per tanti centri urbani in Italia, è anche vero che stride vedere quei centri spopolarsi dei propri abitanti perché alloggi di pochi metri quadri diventano oggetto di speculazioni esagerate, con un effetto a cascata sui prezzi anche nelle periferie.

La stalla col bue e l’asinello è un’immagine della tradizione cara a tutti noi, e per chi ha fede ha un significato teologico alto. Ma nell’Italia del 2025 non vogliamo più vedere famiglie trasformate in presepi viventi! Vogliamo invece vedere garantito nei fatti quel diritto all’abitare che è premessa irrinunciabile del benessere personale e sociale. La cometa, in questo caso, è la nostra Costituzione, che ci indica la strada per una realizzazione vera di questo come di ogni altro diritto di base.

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